Il traffico di esseri umani, in particolare di donne e bambini, è ancora una piaga tragica in Oriente. Per sensibilizzare ad una grave problematica di cui si parla troppo poco 500 monache buddiste hanno deciso di compiere un’impresa importante.
Il , in particolare di donne e bambini, è ancora una piaga tragica in Oriente. Per sensibilizzare ad una grave problematica di cui si parla troppo poco 500 monache buddiste hanno deciso di compiere un’impresa importante.
Le monache, provenienti dall’India, dal Nepal, dal Tibet e dal Bhutan e che fanno parte dell’ordine Drukpa, hanno percorso 4000 chilometri in bicicletta da Kathmandu a Leh.
Lo scorso anno queste monache erano presenti in Nepal per aiutare la popolazione dopo il terremoto e si sono rese conto del grave problema del traffico di esseri umani. Le bambine delle famiglie povere venivano vendute perché i genitori non potevano più permettersi di mantenerle, come ha spiegato la giovane monaca Jigme Konchok Lhamo.
La condizione della donna purtroppo è di grave svantaggio rispetto agli uomini in Paesi come il Nepal e le monache buddiste si sono messe in movimento alla ricerca di un riscatto tutto al femminile.
In alcune zone dell’Asia le donne e le bambine vivono in una situazione costante di violenza e di paura. Viaggiare in bici dal Nepal all’India come azione benefica non è una novità per le monache buddiste dato che avevano già affrontato imprese simili in passato.
Negli ultimi 12 anni il gruppo di monache Drukpa che hanno deciso di partecipare all’iniziativa è cresciuto da 30 a 500 perché molte donne si sono rese conto dell’importanza della lotta per la parità di genere.
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Secondo queste monache, pregare non basta, bisogna agire in prima persona per cambiare il mondo, le cattive abitudini e gli atteggiamenti dell’umanità. Le monache hanno sottolineato che molte volte chi le vede in bici pensa che si tratti di ragazzi e non di donne, proprio perché non è detto che ovunque nel mondo alle donne venga concessa una simile libertà di spostamento.
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Il terremoto che ha colpito il Nepal tra aprile e maggio 2015 ha ucciso quasi 9000 persone e ha lasciato senza casa migliaia di famiglie, molte delle quali hanno perso tutto e non hanno più avuto i mezzi economici per mantenere i figli.
Più di 40 mila bambini e bambine hanno perso i genitori, sono stati feriti o si sono ritrovati in una condizione di vita molto precaria.
“Le persone pensano che dato che siamo monache dobbiamo stare tutto il tempo nei templi a pregare, ma la preghiera non basta” – ha sottolineato Jigme Konchok Lhamo.
Le azioni possono avere un’eco più forte delle parole ed ecco che le monache si sono attivate per cercare di ridare dignità alle donne e alle bambine maltrattate. Speriamo che passo dopo passo simili iniziative di sensibilizzazione possano dare buoni frutti.
Marta Albè
Fonte foto: Reuters