Gobee Bike lascia l’Europa. Perché il bike sharing a flusso libero non funziona

Gobee Bike, il bike sharing targato Cina, lascia l'Europa, Italia compresa. Con una mail di avviso inviata agli iscritti alla newsletter la società ha fatto sapere di dire addio al Vecchio Continente

Gobee Bike, il bike sharing targato Cina, lascia l’Europa, Italia compresa. Con una mail di avviso inviata agli iscritti alla newsletter la società ha fatto sapere di dire addio al Vecchio Continente.

La Beebike Holdings Limited, società di Hong Kong che in autunno ha lanciato in Francia e in Italia Gobee.Bike, ha spiegato i motivi della propria decisione:

“Il 60% della nostra flotta europea ha subito danneggiamenti, vandalismi o è stato oggetto di fenomeni di privatizzazione”.

Ed è per questo che ieri i 45mila utenti italiani iscritti a Gobee Bikehanno ricevuto la comunicazione ufficiale che conferma le perplessità che da tempo circolavano riguardanti la difficoltà di noleggiare le biciclette verdi col simbolo dell’ape tramite smartphone.

Il cosiddetto bike sharing free floating o a flusso libero è privo degli stalli in cui riportare le bici. Gobee Bike funzionava in questo modo. Una volta scaricata l’applicazione, bisognava registrarsi. A quel punto per trovare una bici nelle vicinanze bastava cercare sulla mappa. Una volta in sella, occorreva scansionare il codice QR per sbloccare la Gobee bike. Al termine del noleggio, il ciclista doveva rimettere il lucchetto situato sul retro della bici.

Un sistema apparentemente semplice ma che in Europa non ha funzionato e non può essere solo un problema riconducibile al vandalismo.

Pur ammettendo che talvolta il bike sharing deve fare i conti con furti e danneggiamenti, sembra strano che sia stato così grave da costringere la società cinese a chiudere i ponti con l’Europa.

gobee colosseo

In Italia Gobee Bike era presenta a Torino, Firenze e a Roma. Secondo quanti riportato da BikeItalia, fonti interne al Comune di Torino hanno rivelato che

“uno dei principali problemi del modello Gobee risiedesse nel pannello fotovoltaico montato sulle biciclette con il compito di azionare il meccanismo di sblocco della ruota posteriore: il pannello era stato pensato per funzionare con il livello di irradiazione di Hong Kong che è evidentemente ben diverso da quello di Torino e il risultato è stato che le batterie non si ricaricassero. Anche l’app, d’altronde sembra fosse causa di diversi problemi, a cui il servizio di assistenza tecnica offriva soluzione suggerendo di cambiare il telefono”.

Secondo BikeItalia, il fallimento del bike sharing a flusso libero non può essere riconducibile al malcostume dei cittadini italiani o europei, ma è legato al ciclo di vita delle start-up:

“Stando a quanto riporta il sito Statistic Brain, il 25% delle start-up falliscono entro il primo anno, il 36% entro il secondo anno e il 44% entro il terzo. Era quindi fisiologico che, di tutte le azienda entrate nel mercato in questi mesi (e che ancora entreranno) un numero consistente andasse incontro al fallimento. La cosa veramente triste di tutta questa vicenda è l’approccio del management dell’azienda: sei stato incapace di offrire un prodotto di livello mentre tentavi una mossa speculativa, con quale faccia dai la colpa al mercato?”

All’indomani dell’addio di Gobee Bike, restano due problemi da risolvere.

Chi si occuperà delle biciclette (e degli eventuali rottami) ancora in giro nelle città italiane?

Agli utenti verranno rimborsati i 15 € pagati come cauzione per l’iscrizione al servizio?

Staremo a vedere…

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