Sul cartello degli orari appiccicato in vetrina c'è scritto che la Ciclofficina Artigiana è aperta fino alle 20. L'orologio segna le 20:30: Marco, Luca e Fox sono ancora qui. Le mani nere di grasso restano timide quando un'altra mano pulita e linda si avvicina per stringerle. La luce delle lampade illumina il grande bancone con tutti gli attrezzi. Una moltitudine di biciclette sta ammassata sui muri, ai lati dell'entrata. C'è appena lo spazio per passare e anche loro fanno difficoltà a districarsi tra quei pochi metri quadrati che rimangono a disposizione.
Sul cartello degli orari appiccicato in vetrina c’è scritto che la Ciclofficina Artigiana è aperta fino alle 20. L’orologio segna le 20:30: Marco, Luca e Fox sono ancora qui. Le mani nere di grasso restano timide quando un’altra mano pulita e linda si avvicina per stringerle. La luce delle lampade illumina il grande bancone con tutti gli attrezzi. Una moltitudine di biciclette sta ammassata sui muri, ai lati dell’entrata. C’è appena lo spazio per passare e anche loro fanno difficoltà a districarsi tra quei pochi metri quadrati che rimangono a disposizione.
Hanno aperto la loro Ciclofficina Artigiana appena due settimane fa e già contano 36 bici da riparare. Ce n’è di che fare gli straordinari. Anche se non si va mai oltre mezzanotte, ci tiene a ribadire Fox. È il cognome di Giorgio, uno dei tre proprietari della bottega inaugurata in Via Ormea 19 a Torino, quartiere San Salvario. Nel suo curriculum ci sono importanti studi in filologia ebraica, ma al momento si occupa di aprire la Ciclofficina tutte le mattine alle nove e mezzo. Marco aveva iniziato con un sano lavoro in banca e ora tira fuori una saldatrice per mettere a posto un telaio. Luca è “quello del gruppo che non ha studiato”, anche se per un po’ ha frequentato ingegneria, e adesso è alle prese con un manubrio da raddrizzare.
Vite come tante. E tutte con una passione: la bici. Da usare, certo. Ma anche da smontare e rimontare, aggiustare e costruire su misura, raddrizzare e riverniciare. Marco ha iniziato con la bici vecchia che ricomprò dopo che un ladro gli aveva soffiato via la sua davanti agli occhi. Luca è passato ai pedali dopo aver fatto esperienza sugli ingranaggi delle moto nel garage del padre. Fox ci è arrivato per curiosità. Ora condividono un piccolo fondo di circa trenta metri quadrati e hanno deciso di fare della loro passione un’attività commerciale e remunerativa.
Allo stesso civico, trent’anni fa c’era il signor Borello. Anche lui aggiustava le biciclette. Marco, Luca e Fox sono troppo giovani per ricordarlo, ma per gli anziani del quartiere vedere le bici appoggiate fuori sul marciapiede è stato come tornare indietro nel tempo. Era un’altra Torino, allora. Oggi questo quartiere rappresenta l’anima in fermento della città: multietnico, giovane, vivace in ogni momento del giorno e della notte. La volevano qua, la loro ciclofficina. E alla fine hanno trovato il posto giusto.
Prima di aprire questa, Marco aveva accumulato qualche anno di esperienza nella Ciclofficina Popolare: con la tessera associativa si poteva accedere e farsi aiutare nell’aggiustare la bici. “C’era un’idea di condivisione molto bella a sostenerla, ma non ci si guadagnava nulla” dice.
C’era bisogno di fare un passo più in là. Nella Ciclofficina Artigiana di via Ormea si può andare per lasciare la bici con la ruota sgonfia, ma anche per fare due chiacchiere, per salutare velocemente o per bersi un bicchiere di vino. “Ci piaceva conservare l’approccio relazionale dell’ esperienza popolare e al contempo restare ben lontani dal modello di negozio chic dove le bici si vendono soltanto e nessuno si sporca più le mani” dice Fox.
Che ci fosse bisogno di un posto come questo, Marco lo aveva intuito girando per le vie del Baloon, il mercato delle pulci torinesi dove ogni sabato si recava per fare un po’ di pratica sotto l’ala di Biagio e Annibale, due istituzioni in materia di biciclette da quelle parti. “Mi ero reso conto che ci poteva essere spazio per un altro posto in città in cui portare la bici a riparare” racconta a greenMe.it.
Se poi il desiderio è di farsene costruire una su misura Marco, Luca e Fox si dichiarano pronti e disponibili. Il modello di riferimento è la bici danese. Ne fanno di classiche o in versione cargo come se ne vedono solo lungo i ponti sopra i canali di quel mitico Nord Europa in cui la bici è parte della famiglia.
In una Torino che invece ambisce a diventare smart city anche se arranca di fronte all’approvazione di un biciplan, un’iniezione di spirito imprenditoriale dal sapore artigianale può essere un buon segnale per continuare a crederci.
Pamela Pelatelli
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