Hanno fatto clamore qualche tempo fa le parole di Akio Toyoda, a capo dell'azienda che produce auto più potente del mondo. Ma nelle sue parole c'è un fondo di verità e risiede nel modo in cui si produce l'energia
Hanno fatto clamore qualche tempo fa le parole del presidente di Toyota, insieme a Volkswagen il più grande costruttore di automobili del mondo: «I veicoli elettrici sono sopravvalutati» e intorno a loro c’è un «eccessivo clamore» che, per farla breve, non è giustificato a livello ambientale, ha detto Akio Toyoda in occasione di una conferenza.
C’è da dire che se Toyota è il costruttore più all’avanguardia nel campo delle auto ibride (la Prius è stata la prima ibrida veramente di massa), non lo è altrettanto nel campo delle auto elettriche pure. Dunque se è ragionevole pensare che Toyoda parli pro domo sua, è altrettanto vero che in cantiere la sua azienda ha ben dieci modelli che saranno sul mercato europeo molto presto, si dice entro il 2025. Difficilmente un manager così influente si darebbe la zappa sui piedi.
Però c’è un fondo di verità nella sua, per certi versi scioccante, dichiarazione. E va ricercata nell’impatto ambientale in termini di CO2 che ha la produzione dell’intera vettura e soprattutto delle sue batterie e, soprattutto, in quale parte del mondo si utilizza.
Detta in soldoni, più grande è la batteria (e quella di un’auto elettrica ha una capacità di 40-50 volte di quella di una ibrida), maggiore è l’impatto ambientale complessivo per la produzione della singola auto.
E’ una contropartita nota da tempo, che è stata calcolata in diversi studi: sostanzialmente, si può dunque dire ad oggi che quanto inquina un’auto elettrica dipende dal paese in cui viene costruita e in cui viene ricaricata.
Uno studio recente di Polestar, nuovo marchio di Volvo dedicato ai veicoli elettrici, ha messo a confronto quanta CO2 viene emessa nella produzione e nell’utilizzo di una Volvo XC40 con motore a benzina tradizionale e una elettrica Polestar 2.
Nella fase di produzione, ammettono i tecnici del costruttore svedese, è vero che il modello elettrico in sostanza inquina di più per i materiali usati rispetto all’auto tradizionale (24 tonnellate di CO2 contro 12), ma è nell’utilizzo che l’auto elettrica è meno impattante con 50 tonnellate prodotte in 200.000 chilometri contro 58.
La conclusione interessante, anche se facilmente intuibile, è che l’auto elettrica è effettivamente tanto più ecologica quanto lo sono le fonti impiegate per l’energia che serve a farla muovere. Dalla tabella si può chiaramente notare che la stessa automobile in Europa “costa” 42 tonnellate di CO2 nel ciclo di vita considerato e addirittura solo 27 se usasse esclusivamente energia prodotta da centrali eoliche.
Si arriverebbe al punto di pareggio tra emissioni di CO2 risparmiate nell’uso delle due auto e quelle emesse per la sua produzione e utilizzo dopo 112.000 chilometri utilizzando la media di emissioni globale, valore che scende però a 78.000 chilometri (e 42 tonnellate complessive) se l’auto viene prodotta e utilizzata in Europa e precipiterebbe a 50.000 utilizzando solo energia da fonti eoliche.
Il perché è resto detto e dipende da cosa viene prodotta l’elettricità, cioè quali sono le fonti. Il mix varia fortemente di continente in continente: l’Europa è quella che sfrutta maggiormente le fonti rinnovabili, tanto che per produrre 1 kWh oggi si immettono nell’aria 238 gr di anidride carbonica (valore destinato a scendere per effetto delle politiche UE) contro i 383 gr degli USA e i 476 gr della Cina, dove carbone, petrolio e gas sono le fonti preponderanti (fonte: Climate Transparency Report 2020).
E in Giappone? Per 1 kWh si producono 470 gr di CO2. Ecco, dunque, dove va ricercato il senso delle parole di Akio Toyoda, a cui va dato il merito di essere stato profondamente onesto.
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