greenMe.it ad H2Roma ha provato la Mitsubishi i-Miev e vi racconta l'esperienza di guidare un'auto elettrica
“Giri la chiave. Ecco, adesso è in moto“. Intanto nell’abitacolo c’è il silenzio più assoluto.
Permetteteci il siparietto, ma è esattamente quello che succede quando ci si mette al volante di un’auto elettrica, ed è quello che è successo ad H2Roma, all’ottava edizione della rassegna sulla mobilità sostenibile che ci ha permesso di provare la Mitsubishi i-MiEV, la city car elettrica che si ricarica in 7 ore dalla presa di corrente di casa, o in mezz’ora all’80% se si ha a disposizione una colonnina pubblica di ricarica rapida, di quelle che pian piano (si spera presto) sorgeranno soprattutto nei grandi centri.
Se la domanda è “Che cosa cambia rispetto alle auto tradizionali?” la risposta può essere duplice. Niente o tutto. Niente, perché non ci sono strumentazioni fantascientifiche, niente cavi volanti, niente che possa far pensare insomma ad una tecnologia ancora in via di sviluppo. Un po’ diversa è la leva del cambio, che assomiglia a quella di un cambio automatico, ma ha qualche posizione in più: oltre a “N” (la folle), “P” (parcheggio), “D” (drive) ed “R” (la retromarcia), ci sono anche “ECO” e “B”. E poi il posto del contagiri è stato preso da un quadrante che indica la quantità di energia che si richiede alle batterie. Tutto qui. Per il resto l’abitacolo è tale e quale a quello di una normale vettura, con tanto di impianto stereo e condizionatore e ciò significa che è un’auto pronta ad essere commercializzata, ed infatti, almeno in Giappone, già lo è.
Cambia invece moltissimo quando ci si mette al volante. La Mitsubishi i-MiEV è un’auto piccola, per certi versi rassomigliante alla Smart, però ha cinque porte e dentro stanno abbastanza comode fino a quattro persone. I suoi 3 metri e 50 scarsi ne fanno un mezzo sgusciante e dunque perfettamente a suo agio nel traffico cittadino, ma la caratteristica più interessante, come dicevamo, è la silenziosità e soprattutto la totale assenza di vibrazioni provenienti dal motore. Silenziosità che si avverte specialmente in movimento e che rappresenta davvero una scoperta per noi che siamo abituati ancora alle auto tradizionali con il motore termico.
Persino i sampietrini del centro di Roma sembrano più morbidi e con i finestrini chiusi il terribile traffico della Capitale per una volta è più tollerabile. Guidarla è facilissimo per chiunque, basta spingere sul pedale dell’acceleratore e la i-MiEV si invola con una ripresa migliore di qualunque utilitaria abbiate mai provato fino a 130 km/h di velocità massima (che naturalmente non abbiamo raggiunto…), mentre i freni si possono usare di meno, perché c’è una sorta di “freno motore” che recupera l’energia che si perderebbe in decelerazione per restituirla alle batterie al litio.
Questa funzione viene accentuata mettendo la leva del cambio in posizione “B”, un programma di marcia utile quando si viaggia in discesa, cioè quelle situazioni in cui con una odierna vettura si scalerebbero uno o più rapporti. Oppure, in alternativa alla modalità standard “D”, si può selezionare la modalità “Eco”, che consente di risparmiare qualcosa in termini di autonomia, che può raggiungere i 160 km.
Insomma, provando la Mitsubishi i-MiEV abbiamo avuto la sensazione che l’auto elettrica in fondo è già qui, o quasi. Bisognerà aspettare infatti il prossimo anno, quando cominceranno a circolare anche in Europa (insieme alla Nissan Leaf) i primi esemplari che dovrebbero essere commercializzati in una prima fase attraverso contratti di leasing. Poi ci sarà da approntare una rete diffusa di punti per la ricarica e sciogliere il nodo della standardizzazione delle spine, alla quale la UE sta lavorando ma che deve ancora trovare un punto di incontro fra costruttori.
Quanto ci vorrà? Non facciamoci illusioni, dell’auto elettrica si parla da decenni ed anche se alcune marche, come Mitsubishi appunto, hanno dimostrato di poterla realizzare in tempi tutto sommato brevi, c’è bisogno anche del supporto di Governi e fornitori di energia elettrica disposti ad investire su una tecnologia che, sebbene interessante, dal punto di vista della diffusione di massa è ancora acerba.
Daniele Pizzo