Un nuovo test ha analizzato campioni di gasolio di 30 impianti dislocati in diverse città italiane. 5 non erano conformi
Un nuovo test ha analizzato il gasolio presente in 30 impianti di diverse città in Italia per capire se fosse a norma. Che cosa ha scoperto? In alcuni casi vi era gasolio non conforme.
Quando facciamo il pieno ad un auto diesel non ci poniamo minimamente il problema che il gasolio di cui ci riforniamo possa presentare qualche irregolarità. In realtà in passato ci sono stati diversi casi di frodi segnalate, sia di tipo fiscale sia relative al contrabbando di carburante. In alcuni casi queste hanno riguardato proprio il gasolio, risultato “allungato” con altre sostanze.
Il Salvagente è voluto allora tornare sulla questione per capire com’è la situazione attuale acquistando 30 campioni di diesel in altrettanti impianti, sia a marchio che pompe bianche (senza logo). Questi si trovavano a Roma, Torino e tra Napoli e Caserta.
Tutti i campioni (10 provenienti da ciascuna area) sono stati analizzati dal Laboratorio chimico dell’Agenzia delle Dogane di Roma.
I risultati
Sulla maggior parte dei campioni nulla da obiettare ma i risultati del test hanno mostrato che 5 non erano conformi.
Qual era il problema riscontrato? Il Salvagente specifica che il gasolio era troppo infiammabile, ovvero i 5 campioni riportavano un punto di infiammabilità inferiore a quello previsto dalla legge.
Gli esperti della rivista spiegano che in quei casi il gasolio conteneva una componente “volatile” che potrebbe stare a significare l‘aggiunta di alcune sostanze: benzina, olio minerale o un solvente industriale. Non è stata però approfondita la questione e dunque non è chiaro il motivo per cui il gasolio sia effettivamente risultato non conforme, si esclude comunque che possa essere stata aggiunta la benzina in quanto non conveniente (le tasse sono maggiori rispetto a quelle del gasolio).
Più probabile, nel caso, che il gasolio sia stato “allungato” con oli minerali o solventi industriali che in questo modo, invece di essere smaltiti in modo regolare, vengono venduti appunto per “tagliare” il gasolio.
Ma, nel caso sia andata davvero così, oltre che una faccenda illegale di competenza delle autorità, sarebbe un bel problema anche per il motore delle auto che potrebbe perdere efficienza e, cosa ben più grave, mettere a rischio la sicurezza di guidatore e passeggeri.
Come ha spiegato Enrico De Vita, giornalista ed ingegnere meccanico, a Il Salvagente:
Il punto di infiammabilità, il cosiddetto flash point, misura la capacità di resistenza all’incendio del gasolio. In buona sostanza il diesel sottoposto a una fiamma libera non deve incendiarsi prima dei 55°C. I vostri risultati mostrano campioni che hanno addirittura un punto di infiammabilità a 41°C e questo rappresenta un problema di sicurezza nel caso di serbatoi sottoposti a temperature ambientali elevate.
Rimane comunque da appurare se effettivamente vi sia stata un’aggiunta volontaria di qualche sostanza o se si tratta di contaminazioni più o meno “accidentali” (ma comunque gravi visti i rischi sopracitati).
Per maggiori dettagli sul test e conoscere nello specifico gli impianti i cui campioni sono risultati non conformi, fate riferimento all’ultimo numero de Il Salvagente.
Fonte: Il Salvagente
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