Si chiamano biocarburanti. Ma non è tutto “green”. Al contrario: nei prossimi anni, la conversione di aree forestali e di pascoli per l'alimentazione dei veicoli, stimata in circa 69mila chilometri quadrati, farà aumentare le emissioni di CO2 allo stesso modo che se venissero immesse sul mercato decine di milioni di nuove auto. E cambierà, in peggio, anche la qualità del clima.
Lo indica il rapporto “L’impatto delle strategie UE – Quando ‘bio’ non è sinonimo di verde”, presentato in questi giorni. Il documento, redatto a livello europeo dalla collaborazione fra Greenpeace, ActionAid, Bird Life International, Client Earth, European Environment Bureau, Fern, Friends of the Earth Europe, Wetlands International, Transport & Environment, sottolinea come – indicano i referenti nazionali – “A causa di pericolose politiche attuate in sede europea, sarà necessario destinare alle colture energetiche un’area pari a due volte il Belgio”. “In questo modo, le foreste, gli ecosistemi naturali e le comunità più povere saranno messi in pericolo”.
Secondo i Piani di azione nazionale dettati dalla Comunità europea, infatti, nel 2020 i bio carburanti provvederanno al soddisfacimento del 9,5% dell’energia da dedicare ai trasporti. A sua volta, il 92% dei carburanti biologici sarà ottenuto dalla trasformazione delle colture in origine impiantate al fabbisogno alimentare (canna da zucchero, barbabietola da zucchero, grano, olio di semi di lino e olio di palma). Questo, sottolinea il rapporto, significherà una espansione a livello globale delle aree coltivabili; per converso, le foreste e i pascoli si trasformeranno in terre agricole.
Lo indica, più nel dettaglio, la Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili approvata dal Parlamento e dal Consiglio europeo il 23 aprile 2009, insieme ai “criteri di sostenibilità” che giustificano gli effetti diretti della produzione di biocarburanti e invitano gli Stati membri a sostenere le coltivazioni con un impatto ridotto sull’incremento delle emissioni di gas serra.
Il problema, si legge nel documento reso noto in questi giorni, è che non si è riflettuto sugli eventuali “effetti indiretti” che sarebbero generati dal diverso sfruttamento dei terreni. Per il soddisfacimento della crescente domanda di energia, infatti, si renderebbe necessario il trasferimento delle attività agricole. Il pericolo è che questo possa avvenire a scapito di foreste, pascoli ed ecosistemi ricchi di carbonio.
Qualche dato? Eccolo. In dieci anni, gli obiettivi europei potranno causare un incremento dei gas serra fra 27 e 56 milioni di tonnellate: come dire da 12 a 26 milioni di nuove auto in circolazione. Se, invece, la politica europea non cambiasse, l’uso dei biocarburanti a livello europeo potrà generare un aumento dei gas serra fra l’81 e il 167% rispetto alle fonti fossili.
E bisogna far presto: entro poche settimane (vale a dire per la fine dell’anno), la Commissione europea è chiamata a presentare lo studio sul “Cambio indiretto dell’uso dei suoli”. Occorre, secondo il report sviluppato dalla coalizione delle Associazioni, “Priorità all’efficienza energetica nei trasporti, valutando attentamente e con la massima urgenza le reali conseguenze della politica europea in materia di bio carburanti sul cambiamento climatico e sulla sicurezza alimentare”.
Piergiorgio Pescarolo