Secondo il nuovo dossier di Legambiente i frutti più contaminati da pesticidi (anche multiresidui) sono uva, pere, mele, pesche e fragole
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Il 70% della frutta venduta in Italia contiene residui di pesticidi. A dirlo è il nuovo dossier “Stop Pesticidi” di Legambiente che specifica anche quali tipologie sono generalmente più contaminate.
Quando mangiamo una mela, un grappolo d’uva, una pesca o delle fragole, pensiamo di consumare un alimento sano e ricco di vitamine. Effettivamente è così ma purtroppo, assieme a tante sostanze benefiche, si nascondono anche alcuni pesticidi che spesso rappresentano un vero e proprio “cocktail” di sostanze attive, i cui effetti sulla salute non sono ancora ben chiari.
Non solo glifosato ma diversi altri pesticidi sono stati trovati in frutta e verdura vendute nel nostro paese. Il report “Stop Pesticidi” riporta i dati dell’analisi che ha preso a campione 5.835 alimenti di origine vegetale, di provenienza italiana ed estera, alla ricerca di residui di prodotti fitosanitari.
E questi sono stati effettivamente trovati in quasi la metà dei campioni ma è soprattutto la frutta a presentare lo scenario più preoccupante dato che oltre il 70% conteneva pesticidi (solo l’1,2% dei campioni era però irregolare).
Inoltre, sempre la frutta è risultata essere la categoria dove più forte è il problema del multiresiduo: circa il 49,7% dei campioni analizzati contenevano infatti più di una sostanza
chimica.
Non è certo la prima volta che la frutta finisce sotto i riflettori per via delle sostanze chimiche presenti al suo interno. Vi ricorderete certamente della “Sporca dozzina“, il report americano opera dell’Environmental Working Group (EWG) che ogni anno stila la classifica dei frutti più contaminati da pesticidi.
Nel 2020 si confermavano le fragole la frutta più contaminata, seguite da pesche, mele e uva. Risultati simili a quelli del nuovo report, la cui classifica vede ai primi posti in quanto a diffusione dei pesticidi proprio gli stessi frutti (anche se in ordine diverso):
- uva (nel 89,2% dei campioni analizzati)
- pere (85,9%)
- pesche (83,5%)
- fragole (78,7%)
- mele (75,9%)
Complessivamente, ad essere risultato privo di residui di pesticidi nella categoria “frutta” è stato solo il 28,5% dei campioni analizzati, mentre l’1,3% era irregolare e, come già detto, oltre il 70%, era regolare ma presentava uno o più residui chimici.
Gli stessi frutti sopra elencati erano anche quelli che presentavano più multiresidui, pensate che alcuni campioni di pere avevano 11 residui contemporaneamente mentre alcuni pompelmi rossi e bacche di goji ne contenevano 10.
Nel report si specificano nel dettaglio i risultati dell’analisi su uva, pere e mele.
Uva
Dei 194 campioni di uva analizzati, solo lo 0,5% è risultato irregolare ma questa, che è apparentemente una buona notizia, comunque non ci soddisfa, dato che oltre il 77% dei campioni presentava multiresiduo regolare e solo nel 10,3% dei casi l’uva era libera da fitofarmaci.
Sono stati ben 51 i principi attivi diversi (21 in più rispetto al 2017) trovati sull’uva, tra i più diffusi si riconfermano il Dimethomorph (15%), Metrafenone (11%), Penconazole (7%) e Boscalid (5%). Alla lista si aggiungono anche il Fluxapyroxad (8%) e il neonicotinoide Acetamiprid (6%).
Mele
Dei 278 campioni di mele analizzate, l’1,8% è risultato irregolare, mentre solo il 22,3% regolare senza residui. Un numero elevato di campioni regolari presentava infatti uno o più di residui di pesticidi (75,9%).
Ne sono stati trovati 28 (3 in più rispetto al 2018) diversi. Quelli maggiormente presenti sono Boscalid (17%), Dodine (11%; fungicida), Fludioxonil (10%; fungicida), Etofenprox (7%; insetticida), Captan (7%; fungicida).
Pere
Per quanto riguarda le pere, sono stati analizzati 163 campioni, di questi l’85,9% presentava almeno un residuo.
In totale erano 29 (7 in più rispetto al 2017) i principi attivi individuati nei campioni. I più comuni erano Boscalid (15%), Acetamiprid (14%), Tebuconazole (11%; fungicida), Captan (9%) e Pyraclostrobin (5%; fungicida).
Fonte: Legambiente
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