Carne rossa e cancro, ma non solo. Un nuovo studio, il più grande condotto finora, ha dimostrato che il consumo di carni rosse, lavorate e non, aumenta il rischio di mortalità legata a numerose malattie
Carne rossa e cancro, ma non solo. Un nuovo studio, il più grande condotto finora, ha dimostrato che il consumo di carni rosse, lavorate e non, aumenta il rischio di mortalità legata a numerose malattie.
Dal cancro alle malattie del cuore, ictus, malattie cerebrovascolari, malattie respiratorie, diabete mellito, infezioni, malattie renali e malattie epatiche croniche. Ben 9 classi di patologie di vario tipo, tutte legate a doppio filo al consumo di carne.
Lo studio in questione è stato svolto dal National Cancer Institute di Bethesda che ha analizzato i dati di una grande indagine chiamata NIH-AARP, su sei stati (California, Florida, Louisiana, New Jersey, North Carolina e Pennsylvania) e due grandi aree metropolitane degli Stati Uniti (Atlanta e Detroit). L’analisi è durata ben 16 anni e ha coinvolto oltre 536.969 americani adulti di età compresa tra i 50 e i 71 anni.
I partecipanti hanno completato un questionario alimentare basato su 124 elementi che servivano ad esaminare l’assunzione di carni totali, carni trasformate e non trasformate (carni bovine, agnello e maiale) e carni bianche (pollame e pesce), ferro emico e nitrato/nitrite di carni lavorate.
I ricercatori hanno quindi calcolato l’assunzione giornaliera di ferro emico sulla base di una varietà di carni fresche e lavorate, moltiplicandolo per il consumo di carne riportato dal questionario. Hanno poi considerato tutte le variabili nutrizionali legate l’assunzione giornaliera di calorie e hanno classificato i valori calorici per l’intera coorte.
Secndo la ricerca, l’assunzione di carne rossa è stata associata ad un aumento del rischio di mortalità durante i 16 anni di follow-up. Non sono state riscontrate sostanziali differenze tra il consumo di carne lavorata e non.
Per i ricercatori, il ferro eme ed in particolare il nitrato o il nitrito aggiunti nella lavorazione sembravano guidare l’associazione tra le malattie e la loro mortalità e il consumo di carni rosse lavorate. Per le carni non lavorate, invece, sul banco degli imputati sono finiti gli agenti carcinogeni che si formano nella cottura.
“Questo è lo studio più grande, finora, che mostra un aumento dei rischi di mortalità per diverse cause associate al consumo di carne rossa trasformata e non trasformata e sottolinea l’importanza del ferro eme, dei nitrati e dei nitriti nella valutazione dei percorsi relativi ai rischi sanitari associati all’assunzione di carni rosse” spiega Arash Etemadi, del National Cancer Institute di Bethesda.
Secondo gli scienziati, il consumo eccessivo di carne è dannoso sia per la nostra salute che per l’ambiente. I nostri antenati lo avevano già capito e mangiavano carne al massimo una volta alla settimana, consumandone 5-10 kg all’anno. Le diete moderne soprattutto nei paesi ricchi offrono più di 10 volte questa quantità, con proteine animali che forniscono fino ad un quinto del nostro fabbisogno energetico.
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Che fare?
Secondo uno dei ricercatori, John Potter, per quanto riguarda gli effetti sul pianeta, l’esaurimento dell’acqua, la produzione di metano e l’inquinamento dell’aria e delle acque sotterranee sono solo l’inizio. Dobbiamo sì ridurre l’uso dei combustibili fossili nei trasporti, ma la produzione di bestiame supera questa causa come causa dei cambiamenti climatici. Potter indica due possibili piani d’azione:
“Come accade per molti problemi contemporanei di sovrabbondanza e maldistribuzione delle risorse, dobbiamo decidere se agire ora per ridurre il consumo umano di carne o attendere che il decadimento di grandi porzioni del sistema globale ci portino ad avere una più povera salute planetaria, sociale e umana. ”
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