La revisione scientifica che conferma la classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità degli alimenti trasformati come cancerogeni.
Mangiare troppa carne lavorata aumenta il rischio di sviluppare il cancro al seno
Meglio dire addio alla carne rossa processata, specie salsicce e salame, se non ci si vuole ammalare di cancro al seno. Così tuonano alcuni ricercatori statunitensi che hanno effettuato una revisione di letteratura scientifica che contiene complessivamente dati su oltre un milione di donne.
Una revisione condotta da un team della Harvard TH Chan’s School of Public Health, negli Stati Uniti, che conferma la classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità degli alimenti trasformati come cancerogeni, ma che non è in grado di dire quale dovrebbe essere il limite al consumo.
Tracciando i dati di oltre un milione di donne, gli studiosi a stelle e strisce hanno esaminato 15 studi in questo settore e hanno riscontrato un rischio di cancro maggiore tra le donne che hanno segnalato di mangiare più carne lavorata.
Come risulta da un ultimo rapporto dell’Associazione Italiana Oncologia Medica (Aiom), quello alla mammella è il tumore più frequente in Italia: nel 2018 sono stimati 52.800 nuovi casi, in crescita rispetto ai 51mila nel 2017.
Eppure, si sa, circa il 23% dei tumori al seno è prevenibile, anche solo riducendo sovrappeso, consumo di alcol, fumo e proprio gli alimenti che mettono più a rischio.
“Lavori precedenti avevano collegato il rischio aumentato di alcuni tipi di cancro al consumo più elevato di carne lavorata, e questa recente meta-analisi suggerisce che il consumo di carne può anche aumentare il rischio di cancro al seno”, spiega Maryam Farvid, autrice principale dello studio Journal of Cancer.
Va da sé, quindi, che ridurre il consumo di carne lavorata sarebbe vantaggioso per la prevenzione di un tumore alla mammella.
Le carni lavorate in genere contengono sali e altri conservanti aggiunti per prolungare la durata di conservazione e modificare il loro gusto e consistenza. Questi sali e additivi interagiscono con le proteine nella carne e possono formare composti tossici che danneggiano le cellule nell’intestino.
Coloro che consumano grosse quantità di queste carni, che possono anche includere prodotti affumicati, sono a maggior rischio di cancro, quindi, ed è per questo che l’OMS le ha classificate come cancerogene.
Tuttavia, molte domande rimangono senza risposta. L’ultima ricerca non è stata in grado di far luce su quanto esattamente la carne trasformata sia dannosa. Alcuni studi, per esempio, hanno stabilito una soglia di 9 grammi a settimana per donne in menopausa, ma c’è da dire che è anche probabile che le persone che consumano regolarmente carni trasformate tendono ad avere stili di vita meno salutari, quindi potrebbe anche l’assenza di frutta e verdura e di esercizio fisico causano – in un autentico circolo viziosi – l’aumento del rischio.
La verità sta come al solito nel mezzo. Se non siete per una dieta vegetariana, il consumo di carne rossa va comunque “centellinato”, specie di quella lavorata. Uno stile alimentare variegato, poi, unito a una regolare attività fisica faranno il resto.
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