Sprechi alimentari: rappresentano il 2,3% del PIL. Urge “waste review”

Contro la crisi, non occorre la spendig review ma la waste review. Serve eliminare gli sprechi, risparmiando fino a 1.600 euro all'anno. Come?

Combattere gli sprechi alimentari non fa bene solo all’ambiente ma anche all’intera economia italiana. Solo con il cosiddetto eco-risparmio da attuare con i comportamenti responsabili, si potrebbero recuperare fino a 3 punti di PIL.

È quanto emerge dal convegno “SprecoZero. Energia, acqua, cibo, materiali: ecco la spending review ecologica”, organizzato oggi, nell’ambito della manifestazione ZeroEmission, da Fiera di Roma e Last Minute Market con la collaborazione di Legambiente e Consorzio Libera Terra.

Secondo gli esperti, solo lo spreco alimentare vale nel nostro Paese il 2,3% del PIL, per dare un’idea 10 volte la percentuale che lo Stato impiega per lo sviluppo del turismo o per finanziare i beni culturali. Troppo astratto? Basta riportare la cifra nella vita di tutti giorni. Ogni anno, una famiglia media getta nella spazzatura 1.600 euro di cibo andato a male o semplicemente non utilizzato. Secondo il “Libro nero dello spreco in Italia” di Andrea Segrè, gli italiani gettano nella spazzatura 3,6 milioni di tonnellate all’anno di cibo ancora buono.

Altri 600 euro se ne vanno via in consumi inutili e ambientalmente dannosi che si potrebbero facilmente eliminare. Alcuni esempi? Bottiglie di acqua minerale, sacchetti usa e getta, energia per lampadine inadatte, guida troppo sportiva. Questi ultimi sprechi casalinghi valgono da soli l’1% del PIL. E questi sono solo i risparmi che si potrebbero avviare partendo dalle famiglie italiane.

Secondo Andrea Segrè ideatore di Last minute market, la vera spending review dovrebbe fondarsi su una waste review: una revisione degli sprechi, basata su nuovo approccio ecologico e sostenibile ai criteri di spesa e risparmio nazionali. “Combattere lo spreco alimentare e le sue conseguenze deve essere una priorità economica, ecologica e sociale per la politica, le istituzioni, le amministrazioni locali, le imprese e la società civile – dichiara l’economista – Ogni spreco si porta dietro altri sprechi e ogni azione di risparmio si porta dietro altri risparmi. Ad esempio, lo spreco di cibo e di energia spesso comporta un grande impiego di acqua. Nel 2010 abbiamo buttato via 12,6 miliardi di metri cubi d’acqua, impiegati nella produzione di 14 milioni di tonnellate di prodotti agricoli abbandonati nei campi“.

Ma non sono solo le famiglie ad alimentare la spirale dello spreco. La grande distribuzione organizzata spreca circa 1 miliardo di euro ogni anno in cibo che si butta. A quanto corrisponde? Basta pensare che da sola potrebbe sfamare almeno 600 mila persone.

E se con leggerezza buttiamo il cibo avanzato, dovremmo passare una mano sulla coscienza, sapendo che catena di sprechi abbiamo avviato. Perché insieme al cibo, buttiamo via anche il 3% dell’energia. Secondo gli esperti, infatti, il cattivo uso delle risorse si trasforma in inquinamento e in aumento del disagio sociale e addirittura della mortalità. Incredibile ma vero. In Europa, secondo uno studio condotto dalla Fuel Poverty, 150 milioni di cittadini non sono in grado di pagare i costi relativi al riscaldamento, al funzionamento degli elettrodomestici, al gas per cucinare (in Italia la percentuale è attorno al 10% della popolazione totale). Non solo. Produrre cibo che non viene utilizzato comporta l’emissione di oltre 4 milioni di tonnellate di CO2, l’utilizzo di più di 1,2 miliardi di metri cubi di acqua, lo sperpero del 3% del consumo finale di energia nel nostro Paese (circa il fabbisogno energetico di un milione e 650 mila persone).

Energia, una parola che porta con sé un universo di significati e di problemi legati purtroppo all’inquinamento. Ma potenzialmente, evitando gli sprechi, potremmo risparmiare 11 milioni di tonnellate di petrolio. Secondo le cifre fornite dall’Enea, l’adozione di misure di efficientamento energetico e il rilancio delle energie rinnovabili potrebbero garantire non meno di 11 milioni di tonnellate equivalenti petrolio, pari al 56,5% dei consumi di energia del settore agroalimentare. Eliminando gli sprechi energetici nelle case italiane (basterebbe allinearle alla media di consumi nord europei) potremmo ottenere una riduzione annua dei consumi che vale più di tutto il gas estratto nel territorio italiano (8 miliardi di metri cubi).

1 chilo di carne = 16 mila litri di acqua. E le risorse idriche scarseggiano, motivo per cui uno studio ha calcolato che entro il 2050 saremo ‘costretti’ a diventare vegetariani. A livello planetario, il 70 per cento dei consumi di acqua dolce è impiegato nel settore dell’agricoltura e dell’allevamento. Ogni chilo di carne di manzo costa 16 mila litri di acqua e per un’alimentazione a base di carne occorrono circa 3.600 litri di acqua al giorno, mentre ai vegetariani ne bastano 2.300. Senza rinunciare alla carne, scelta che in molti non sarebbero disposti a fare, piccole scelte possono comunque fare la differenza. Secondo gli esperti, ad esempio, sarebbe preferibile consumare carne di maiale o di pollo (rispettivamente 1.400 e 1.110 litri di acqua virtuale per una braciola da 300 grammi e un petto di pollo dello stesso peso), invece che quella di manzo di pari peso (4.650 litri), ad esempio. Bere tè (90 litri di acqua virtuale per 750 ml di prodotto) o meglio ancora acqua, al posto del caffè (840 litri per 750 ml di prodotto, che vuol dire che per ogni goccia di caffè dobbiamo usare più di 1.100 gocce d’acqua). Piccoli accorgimenti, che potrebbero avere un impatto positivo sulla nostra impronta idrica. In un anno la dieta mediterranea utilizza poco più di 1700 metri cubi di acqua pro capite contro i 2600 metri cubi di quella anglosassone.

Cosa può fare una famiglia per risparmiare fino a 620 all’anno, eliminando gli sprechi? Ecco alcuni suggerimenti: preferire l’acqua del rubinetto con un risparmio di 200 euro, usare la sporta per guadagnare 50 euro, tenere chiuse le tende nelle stanze e prestare attenzione a spifferi e correnti d’aria provenienti dalla cornice degli infissi, tenere una temperatura costante negli ambienti risparmiando oltre 100 euro all’anno e riducendo le emissioni atmosferiche di 250 chili di CO2. E poi è preferibile usare gli interruttori intelligenti (70 euro risparmiati) e sostituire e lampadine ad incandescenza con quelle a basso consumo e gli elettrodomestici vecchi con quelli di classe energetica A o A+.

Anche alla guida si può risparmiare, utilizzando un sistema eco-drive, togliendo il portapacchi dal tettuccio quando non indispensabile, controllando lo stato di consumo degli pneumatici e limitando l’utilizzo dell’aria condizionata. Queste accortezza ridurrebbero le spese annuali per il carburante di circa 200 euro e le emissioni atmosferiche di 240 Kg CO2.

Un motivo in più per attuare questi comportamenti responsabili, non credete?

Francesca Mancuso

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