Si attestano al 39,21% i campioni di alimenti di origine vegetale e animale in cui sono state trovate tracce di uno o più fitofarmaci e la frutta è la categoria più colpita dalla presenza di residui
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Quasi 100 sostanze attive provenienti da fitofarmaci: negli alimenti di origine vegetale che mangiamo quotidianamente è una gimkana tra insetticidi e fungicidi, a partire dalla frutta per arrivare ai prodotti trasformati passando per qualsiasi tipo di verdura, senza risparmiare nemmeno il miele.
Torna anche quest’anno l’appuntamento con il dossier “Stop pesticidi nel piatto”, una collaborazione tra Legambiente e Alce Nero che ha lo scopo di fotografare la situazione relativa proprio alla presenza di fitofarmaci utilizzati in ambito agricolo nella matrice alimentare.
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E, ancora una volta, è la frutta a confermarsi a categoria più colpita dalla presenza di residui: oltre il 67,96% dei campioni ne contiene uno o più, l’88,17% dei prodotti di origine animale è risultato privo di residui.
Il report
Nel 2022, sono stati analizzati 6085 alimenti provenienti da agricoltura convenzionale e biologica. I campioni, di origine animale e vegetale, hanno incluso generi alimentari appartenenti a frutta, verdura e prodotti trasformati. Sul fronte dei dati provenienti da agricoltura convenzionale (5940 campioni), viene fuori una percentuale piuttosto bassa di alimenti irregolari, pari all’1,62% dei dati e in questa categoria
rientrano gli alimenti in cui si è verificato il superamento del Limite Massimo di Residuo (LMR) o quelli in cui è stata registrata la presenza di una sostanza non ammessa per la matrice in analisi o un fitofarmaco revocato dal mercato.
Dal rapporto emerge che il 59,18% degli alimenti risulta regolare e privo di residui.
Nel 39,21% dei campioni analizzati, invece, sono state rilevate tracce di uno o più residui di fitofarmaci con una percentuale di monoresiduo pari al 15,67%, contro un multiresiduo del 23,54%. In linea con il trend degli anni precedenti, la categoria più colpita dalla presenza di residui è risultata la frutta, arrivando a quota 67,96% di campioni con uno o più residui. In questa categoria, la percentuale di irregolarità è del 1,93%:
La classifica della frutta più contaminata dai pesticidi
Le tipologie di alimenti più colpite dalla presenza di fitofarmaci rientra senz’altro la frutta. In ordine decrescente:
- pere (84,97%)
- pesche (83%)
- mele (80,67%)
Nella frutta esotica, ossia banane, kiwi e mango, è stata riscontrata la percentuale più alta di irregolarità, pari al 7,41%. Dato nettamente superiore alle altre tipologie di alimenti.
I residui nelle pere
Dai laboratori italiani sono stati analizzati 153 campioni di pere. Di questi, l’84,97% contiene almeno uno o più residui di fitofarmaci. In più, sono state riscontrate fino a 22 categorie diverse di pesticidi (arrivando a 9 nello stesso campione) e quelli rinvenuti sono per lo più impiegati per contrastare la maculatura bruna, considerata una delle più pericolose avversità del pero europeo. A
causa di questa infezione, vengono infatti effettuati, dalla fioritura alla raccolta, da 15 a 25 trattamenti nel tentativo di contenerla entro limiti economicamente accettabili.
Inoltre, viene consentito l’utilizzo di Acetamiprid per debellare la presenza di 8 specie differenti di insetti (afide grigio, carpocapsa, cimice asiatica, tentredine, cimice, mosca delle frutta e cemiostoma). È proprio la cimice asiatica (Halyomorpha halys) a causare le maggiori perdite. Essendo nel nostro Paese una specie alloctona, non ha limitatori naturali e i danni possono portare alla perdita dell’intero raccolto. In Emilia-Romagna, la cimice asiatica è stata trovata per la prima volta nel settembre del 2012 e in pochi anni l’insetto si è rapidamente diffuso in tutta la Pianura, anche se con popolazioni numeriche diverse da provincia a provincia.
Nel 2022, inoltre, il mercato italiano delle pere ha subito una diminuzione dovuta ad eventi climatici estremi, a partire dal caldo record, tra attacchi degli insetti alieni e gelate tardive che hanno causato una riduzione del 20% della produzione nazionale (intorno a 470 mila tonnellate). Il pero, infatti, è una delle coltivazioni più interessate dal surriscaldamento globale che quest’anno ha portato
al raggiungimento di temperature elevatissime con una siccità prolungata che ha causato, in termini di resa, lo sviluppo di frutti molto più piccoli della media.
Tutto ciò in netto contrasto con la richiesta del mercato che impone frutti esteticamente perfetti e che comporta, di conseguenza, un sempre maggiore utilizzo di pesticidi in agricoltura convenzionale.
Il nodo del multiresiduo
Il limite massimo di residuo, secondo quanto stabilisce Regolamento (CE) 396/2005, è la più alta quantità di un pesticida legalmente tollerata negli alimenti. Questa soglia è stabilita a livello europeo per ogni fitofarmaco in base all’uso che se ne fa in agricoltura (quantità e frequenza di applicazione e fase di crescita della pianta durante l’applicazione) e su due valori tossicologici: tossicità cronica o a lungo termine, ovvero la dose giornaliera accettabile di pesticida (ADI), e tossicità acuta o a breve termine, cioè la dose che non deve mai essere superata, neanche in un’unica assunzione (ARfD).
Quando si parla di rischio alimentare dovuto alla presenza di pesticidi, è importante prendere in considerazione il cosiddetto multiresiduo, ossia la presenza al tempo stesso e nello stesso campione di più residui di sostanze nocive: residui multipli in un singolo alimento possono derivare dalla presenza di più principi attivi nello stesso pesticida o dall’applicazione di diversi tipi di sostanze attive o possono essere dovuti dalla contaminazione durante la lavorazione degli alimenti, dall’assorbimento di residui persistenti attraverso il terreno o dalla dispersione proveniente da trattamenti effettuati su campi limitrofi.
Dai dati raccolti, emerge che il multiresiduo ha una frequenza molto rilevante, pari al 23,54% (vs. 15,67% del monoresiduo) e anche sul versante del multiresiduo, la frutta è risultata la categoria più colpita con una percentuale pari al 50,28%. Tra le matrici frutticole, quelle a totalizzare la percentuale più alta di campioni aventi più residui presenti contemporaneamente sono state:
- le pesche (71,66%)
- le pere (64,71%)
- l’uva (62,20%)
QUI trovi il dossier completo.