Il decalogo per fare la spesa natalizia ecosostenibile e i prodotti da non comprare per salvare il clima secondo la Coldiretti
La tavola è da sempre la vera protagonista delle feste, pantagruelica in quanto a vivande, splendente e raffinata nella presentazione, ricca di pietanze fumanti, eccessivamente fastosa negli addobbi. E se l’ansia di non riuscire a fare “bella figura” con i parenti ed amici perché si teme che l’arrosto speziato sarà stoppaccioso, che l’insalata di mare potrà essere insipida o che le uova sode imbottite di maionese non verranno poi cosi “sode”, cercate di rilassarvi, di fare un bel respiro e, se ancora non vi siete trovati nel turbine della spesa natalizia siete in tempo per fare acquisti in modo saggio e oculato verso sé stessi e nei confronti dell’ambiente.
Deciso il menù da presentare per il cenone, di cui vi abbiamo già fornito un’accurata guida con tante ricette vegetariane e vegane da combinare a vostro piacimento, non resta che armarsi di pazienza e cercare di reperire gli ingredienti. Per sapere quali preferire, ci viene in aiuto la Coldiretti che , in occasione della Conferenza dell’Onu sui cambiamenti climatici di Copenhagen, la Coldiretti ha presentato la lista nera dei consumi di Natale per contribuire con stili di vita sobri e responsabili a salvare il pianeta.
L’associazione degli agricoltori ha, infatti, redatto un decalogo di “buone pratiche” da seguire a tavola, partendo dalle azioni più semplici come l’acquisto secondo il modello della filiera corta, produttore-consumatore che annulla le intermediazioni e garantisce acquisti di qualità a un giusto prezzo.
A tal proposito, come abbiamo visto, la CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) si è fatta promotrice di un progetto chiamato: “La spesa in campagna“, in pratica una rete di circa diecimila aziende agricole che vendono direttamente al cittadino anche in vista dei giorni di vista e degli acquisti natalizi.
Allora via libera a prodotti locali e di stagione che non devono percorrere chilometriche distanze per atterrare dal campo alla tavola: basti pensare che solo un chilo di corpose ciliegie del Cile devono viaggiare 12mila chilometri con un consumo di 6,9 chili di petrolio e l’emissione di 21,6 chili di anidride carbonica per raggiungere le tavole italiane. Ed ecco che le pesche dal Cile, i mirtilli argentini e l’anguria dal Brasile salgono, nell’ordine, sul podio della top ten dei cibi che sulle tavole nazionali delle feste sprecano energia e contribuiscono all’emissione di gas ad effetto serra a causa dei lunghi trasporti che subiscono per arrivare in Italia. .Tra i prodotti più diffusi che rischiano di inquinare il Natale “ci sono anche – continua la Coldiretti – le noci della California, le more dal Messico, il salmone dall’Alaska, gli asparagi dal Peru’, i meloni dal Guadalupe, i melograni da Israele e i fagiolini dall’Egitto“.
Secondo la Coldiretti “la voglia di cambiamento o il bisogno di stupire gli ospiti nei banchetti natalizi o di fine anno possono essere soddisfatte dalla riscoperta dei frutti meno ‘diffusi’ ma nazionali come cachi e fico d’India o antiche varieta’, dalla mela limoncella alla pera madernassa valorizzando così le tradizioni del territorio.
Risparmiare e allo stesso tempo inquinare meno si può, basta volerlo. Per combattere l’inquinamento servono pochi, ma essenziali accorgimenti: un primo passo è comprare alimenti sfusi e “alla spina”, rispetto a quelli con gli imballaggi; e se proprio occorre scegliere le confezioni formato famiglia rispetto a quelle monodose. Bandite buste di plastica per fare la spesa, preferire le eco-bag in tela riutilizzabili o gli shopper biodegradabili, così come a tavola occorre evitare di utilizzare bicchieri, piatti e posate di plastica.
Per quanto riguarda la cottura dei cibi, così come abbiamo visto nella nostra guida dedicata, occorre inoltre ottimizzare l’uso del gas, mentre il frigorifero deve essere a basso impatto ambientale. In ultimo, quando il pranzo è finito, l’imperativo per la gestione dei rifiuti è quello della raccolta differenziata.
Lo spreco, cioè l’incapacità di riconoscere alle cose il loro valore, è uno dei mali del nostro tempo. Riguarda il cibo, l’energia, le risorse, ma anche i rapporti umani. E come dice Tristram Stuart: “Costruire la vita a partire da quel che c’è, senza rincorrere per forza quel che manca, è una concreta ricetta di felicità“.
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