Ecco perché bisogna dire no alla liberalizzazione dell'uso di latte in polvere imposta dall'Ue per la produzione dei nostri formaggi
Latte in polvere nei formaggi: la sconvolgente richiesta dell’Europa di “produrre formaggi senza latte” è una vera e propria minaccia al Made in Italy (tra l’altro, le esportazioni all’estero di formaggi e latticini italiani, contraddistinti proprio dall’alta qualità, sono aumentate del 9%) e un danno per i consumatori.
E non solo: la liberalizzazione dell’uso di latte in polvere imposta dall’Ue sotto il pressing delle lobby – in pratica vogliono porre fine al divieto di detenzione e utilizzo di latte in polvere per la fabbricazione di prodotti lattiero caseari, previsto dalla legge nazionale n. 138 del 74 – metterebbe a rischio un patrimonio gastronomico custodito da generazioni, con sicuri effetti sul piano economico, occupazionale e ambientale. Un disastro.
A rischio c’è, infatti, un intero settore che rappresenta la voce più importante dell’agroalimentare italiano con un valore di 28 miliardi di euro con quasi 180 mila gli occupati nell’intera filiera. In Italia, dice la Coldiretti, sono sopravvissute appena 35mila stalle che hanno prodotto nel 2014 circa 110 milioni di quintali di latte, mentre sono circa 86 milioni di quintali le importazioni di latte equivalente. Il via libera alla polvere di latte significherebbe aumentare la dipendenza dall’estero con la chiusura delle stalle, la perdita di posti di lavoro e l’abbandono delle montagne dove il formaggio si fa con il latte vero.
COSA SUCCEDEREBBE SE SI DESSE L’OK AL LATTE IN POLVERE
Per ogni 100mila quintali di latte in polvere importato in più verrebbero a scomparire 17mila mucche e ben 1.200 occupati solo nel comparto agricolo. Senza parlare dei costi ambientali, perché il processo di trasformazione del latte in polvere in quello fresco comporta, per la re-idratazione, un elevato consumo di acqua.
Con un chilo di polvere di latte, che sul mercato internazionale costa 2 euro, è possibile produrre 10 litri di latte, 15 mozzarelle o 64 vasetti confezioni di yogurt e tutto con lo stesso identico sapore perché viene a mancare quella distintività che viene solo dal latte fresco dei diversi territori.
In più, c’è da aggiungere che il pressing esercitato dalla Commissione Europea sull’Italia ha già stimolato gli interessi degli speculatori con le importazioni di latte e crema in polvere che sono aumentate del 16% nel primo trimestre del 2015 rispetto allo scorso anno. E non un caso che i 2/3 delle importazioni provengano da Francia e Germania, l’asse che, anche in questo campo, detta la linea politica dell’Unione Europea.
Il superamento di quella legge nazionale del 1974 provocherebbe l’abbassamento della qualità, l’omologazione dei sapori, un maggior rischio di frodi e la perdita delle proprietà organolettiche e nutrizionali del formaggio Made in Italy. Si direbbe ddio, quindi, ai nostri prodotti genuini: la polvere di latte, infatti, potrebbe arrivare da qualsiasi parte del mondo dove i maggiori produttori sono Nuova Zelanda e Stati Uniti, mentre in Europa i leader sono Francia e Germania. La disidratazione consente di concentrare i costituenti del latte rendendoli conservabili a temperatura ambiente per oltre un anno e la tecnologia di produzione prevede che il latte, dopo essere stato corretto del suo contenuto di grassi, venga trattato termicamente con una perdita di valore biologico delle proteine del latte che può essere anche rilevante.
LA MANIFESTAZIONE
In piazza sono già scesi ai rappresentanti della principali associazioni dei consumatori e migliaia allevatori e casari, molti cittadini, parlamentari e i rappresentanti delle Istituzioni che intendono sostenere la battaglia per il Made in Italy con una apposita sollecitazione al Parlamento per la difesa della qualità del sistema lattiero caseario italiano (#formaggisenzalatte).
Tutti sfidano l’imposizione di Bruxelles anche con striscioni sui quali si legge “Oggi mandano in polvere il latte, domani il Paese“, “No a formaggi e yogurt senza latte, difendiamo il Made in Italy” e “Mamme, attente alle schifezze”. E i cartelli denunciano – conclude la Coldiretti – anche “Dai regolamenti comunitari alibi per industriali nemici del Made in Italy” e “Gli industriali che vogliono fare il formaggio senza latte sono gli stessi che sottopagano il latte italiano”, per ricordare che la lettera di diffida inviata all’Italia dalla Commissione Europea è stata purtroppo sollecitata dall’associazione italiana delle Industrie lattiero casearie, non a caso accusata in un altro striscione di “alto tradimento“.
Germana Carillo
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