Anche il tonno in scatola a rischio: produttori schiacciati da troppa inflazione e rincari, l’allarme dell’associazione di settore

Non solo olio, parmigiano e altri prodotti alimentari (e non) di uso comune, anche la produzione del tonno in scatola è a rischio, a causa di inflazione e rincari energetici. A denunciare la situazione è l'associazione di settore

Ne parliamo ormai da tempo, i costi aumentati di energia elettrica e gas, oltre che l’inflazione, stanno pesantemente incidendo sulla vita delle famiglie ma anche delle aziende, che sempre più spesso segnalano problemi produttivi.

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L’ultima in ordine di tempo è l’ANCIT, Associazione Nazionale Conservieri Ittici, che in un comunicato annuncia la crisi del tonno in scatola.

Come si legge:

Lo scenario per il futuro è allarmistico: i costi dell’attività produttiva hanno raggiunto livelli intollerabili, soprattutto per i rincari energetici (circa + 300% nell’ultimo anno), che si riversano a cascata su tutte le materie prime utilizzate a partire dal pesce, all’olio e altri materiali di imballaggio (packaging) che negli ultimi dodici mesi sono cresciuti a livelli superiori al 50%.

Continuando in questa direzione, si prospetta dunque una “crisi irreversibile”, come l’ha definita il Presidente ANCIT, Simone Legnani. Il settore chiede dunque il sostegno della classe politica ma anche una collaborazione di tutta la filiera.

La situazione è, a detta di chi vi opera, fuori controllo e questo nonostante la produzione del tonno non sia particolarmente “energivora”. Ma ugualmente le aziende sono molto preoccupate per quello che potrà accadere nei prossimi mesi e per la possibile crisi di molti produttori a causa dell’inflazione.

Come scrive l’ANCIT:

Il settore conserviero ittico sta soffrendo oltremodo i rialzi continui della bolletta energetica (aumenti superiori al 60% solo negli ultimi mesi), con previsioni di ulteriori aumenti. Considerando che già alla fine del 2021 i costi energetici erano in forte crescita, nel confronto tra 2022 e 2021 possiamo parlare di costi quasi triplicati, circa +301%. Questa crescita si riverbera a cascata su tutte le materie prime utilizzate dal comparto a partire dal pesce (il costo del tonno è aumentato con picchi di oltre il 30% nell’ultimo anno) fino all’olio ed ai materiali di imballaggio (packaging) che negli ultimi dodici mesi sono cresciuti oltre il 50% e sui pack (lattine, vasetti in vetro, carta che sono prodotte da filiere energivore).

Si è creata una sorta di tempesta perfetta. In quanto anche altri fattori hanno inciso negativamente su questo settore (oltre che su altri): siccità ma anche conflitto russo-ucraino e forza maggiore del dollaro nei confronti dell’euro.

Così spiega il tutto l’Associazione:

La siccità che ha colpito l’Europa ha determinato un raccolto di olive scarso con ripercussioni sulla disponibilità di olio di oliva usato per la conservazione con conseguente incremento del prezzo (con picchi del +31% per l’olio d’oliva e del +19% per l’extravergine d’oliva rispetto ad un anno fa – Fonte: PricePedia). Mentre l’invasione dell’Ucraina – principale fornitore al mondo di olio di girasole con il 60% della produzione mondiale e il 75% dell’export – ha fatto registrare un incremento del +41,6% nell’ultimo anno. Un altro pericolo si sta palesando in tutta la sua concretezza: il continuo apprezzamento del dollaro USA nei confronti dell’euro, che ha perso da fine 2021 circa il 18 % del suo valore. Questo ha generato un ulteriore impatto sui costi della materia prima tonno (acquistata principalmente in dollari) che altre filiere “euro based” non hanno.

Non troveremo più tonno in scatola?

Cosa ci dobbiamo aspettare dunque? Non troveremo più ampia disponibilità di tonno in scatola al supermercato? I costi verranno aumentati a breve? Al momento nulla è certo.

Finora, scrive l’ANCIT, le aziende sono riuscite ad assorbire abbastanza i rincari ma, come ha fatto sapere il Presidente Simone Legnani:

Si rischia di compromettere il futuro delle stesse aziende se non si corre ai ripari. Inoltre, sta diventando arduo reperire le materie prime perché alcuni produttori hanno dovuto chiudere per mancanza di finanze, così come già alcune aziende del nostro settore stanno riducendo la produzione. Non possono ancora fare da ‘ammortizzatore’ economico, schiacciate tra costi crescenti e ricavi non sufficienti a coprire gli stessi costi. L’allarme c’è, da mesi.

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Fonte:  ANCIT

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