Sashiko: l’antica tecnica di ricamo giapponese che impreziosisce i vestiti bucati o rovinati

Da antica tecnica di rammendo a motivo decorativo alla moda: ecco come nasce il sashiko, la tecnica di ricamo giapponese che sta spopolando sui social

Oggi, grazie a Internet e ai social network, la tecnica creativa del sashiko ha valicato i confini del Giappone, dove nacque secoli fa, per diventare un simbolo di pregio e creatività su capi alla moda e tessuti ricercati.

Ma, come sempre accade, dietro questa tecnica di ricamo così di tendenza c’è una storia spesso sconosciuta, che ha a che fare con la povertà e con il recupero creativo di tessuti logorati e lisi.

Scopriamo insieme le origini dell’intricato ricamo sashiko e tutto ciò che è necessario sapere prima di cimentarsi con questa meravigliosa tecnica.

Cos’è il sashiko

Per comprendere l’origine di questa tecnica di ricamo dobbiamo tornare indietro al periodo Edo (1615 – 1868), un’epoca in cui vestiti e tessuti nuovi rappresentavano un lusso per la maggior parte della popolazione giapponese.

Le famiglie possedevano pochi abiti, che venivano “lasciati in eredità” dai genitori ai figli, o passati dai fratelli maggiori ai più piccoli di casa.

Per quanto la qualità dei vestiti fosse molto migliore di quella che troviamo negli abiti di fast fashion presenti sul mercato oggi, i frequenti lavaggi e l’usura finivano comunque per rendere i tessuti logori – e il passare degli anni si manifestava anche con qualche strappo o buco.

La tecnica del sashiko nasce proprio per riparare i tessuti logori in modo economico ma al tempo stesso esteticamente gradevole, ed evitare così di acquistare nuovi vestiti.

Il punto in cui il tessuto era liso o bucato veniva rinforzato con uno scampolo di stoffa vecchia, cucito con punti “a vista” che diventavano decorativi.

Il sashiko veniva utilizzato anche per rinforzare e rendere più resistenti abiti da lavoro o da battaglia – come quelli utilizzati dai manovali, dai vigili del fuoco o dai soldati.

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Caratteristiche di questa tecnica

La parola giapponese sashiko (刺し子) si traduce come “piccoli colpi”: il ricamo finale, infatti, è ottenuto ripetendo piccoli punti costituiti da linee semplici, fino a creare un motivo geometrico complesso che può espandersi all’infinito.

Il filo utilizzato per il sashiko non è normale filo da ricamo: si tratta, invece, di un filato più resistente e spesso, costituito da fibre di lino o cotone, che garantisce una maggiore durabilità all’intero lavoro.

Come abbiamo detto, il sashiko si traduce in un disegno geometrico costituito da piccoli motivi – come punti, linee, crocette o semicerchi; solitamente, viene utilizzato del filo bianco o comunque non tinto, in cui le fibre di cotone o lino mantengono il loro colore naturale.

Esistono cinque tipologie principali di sashiko:

  1. Moyozashi – le linee tratteggiate concorrono a creare motivi geometrici lineari
  2. Hitomezashi – i tratti danno vita a creare piccoli motivi singoli disposti in maniera ordinata sul tessuto
  3. Kogin – letteralmente significa “piccolo tessuto”, è un tipo di ricamo tipico del distretto Tsugaru di Honshu
  4. Shonai sashiko – le linee rette si incrociano a formare griglie più o meno articolate e complesse
  5. Kakurezashi – diversamente da sashiko convenzionale, in questo caso il motivo geometrico del ricamo è ottenuto utilizzando dei fili color indaco o azzurro.

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