Tonnellate di concentrato di pomodoro cinese arrivano in Italia via mare, ma dove finiscono?

Coldiretti denuncia ancora una volta l’importazione di concentrato di pomodoro cinese. Ma quanto di questo prodotto finisce davvero sulle nostre tavole? A rispondere è l'Anicav, l’associazione nazionale industriali delle conserve

Ancora una volta Coldiretti ha lanciato l’allarme sul concentrato di pomodoro che arriva via mare dalla Cina in Italia. Questo dopo che ha fatto il suo ingresso nel porto di Salerno, una nave che portava proprio tonnellate di questo prodotto.

Il carico, composto da ben 40 container di concentrato di pomodoro, ha sollevato polemiche fin da prima del suo arrivo nel porto, dopo un lungo viaggio iniziato il 29 aprile scorso sul treno della China-Europe Railway Express.

La cosa più grave è che si parla di pomodoro cinese accusato di essere ottenuto con lo sfruttamento del lavoro delle minoranze, il prodotto infatti proviene, secondo Coldiretti, dai campi della regione dello Xinjiang, una zona tristemente nota per lo sfruttamento del lavoro delle minoranze Uiguri.

Coldiretti scrive:

Lo scorso anno l’Italia ha importato 85 milioni di chili di pomodoro trasformato cinese, proveniente in gran parte proprio dallo Xinjiang nonostante il fatto che gli Stati Uniti nel abbiano vietato l’importazione sul proprio territorio dal gennaio 2021 per evitare di sostenere il lavoro forzato.

La vicenda della nave di Salerno solleva quindi un dibatitto che va oltre il semplice scambio commerciale o la difesa del made in Italy e la denuncia di Coldiretti non può che far riesplodere le preoccupazioni riguardo alla provenienza e alla produzione etica del pomodoro che finisce sulle nostre tavole.

Ma, a rassicurare i consumatori, è arrivata subito la replica dell’associazione nazionale industriali delle conserve alimentari vegetali (Anicav).

La replica di Anicav

L’associazione ha dichiarato:

Concentrati, pelati, passate, polpe e pomodorini che troviamo sugli scaffali dei supermercati sono ottenuti da pomodoro 100% italiano di alta qualità, come indicato anche in etichetta, che deve essere lavorato entro 24 ore dalla raccolta, tempi di lavorazione incompatibili con quelli che sarebbero necessari a importare la materia prima da altri Paesi. (…) Ipotizzare come fa Coldiretti che i derivati del pomodoro possano essere ottenuti da un semilavorato, come il concentrato cinese, è come pensare di poter trasformare una bottiglia di vino in 30 grappoli d’uva.

Ma a questo punto la domanda sorge spontanea: che fine fa il concentrato di pomodoro che arriva nei porti italiani?

Spiega l’Anicav che le importazioni di concentrato che arrivano nel porto di Salerno sono per lo più temporanee:

Il concentrato entra in Italia per poi essere riesportato verso Paesi extra comunitari, lasciando in Italia solo il valore aggiunto che si genera in termini di occupazione e marginalità.

Il vero problema, secondo l’Anicav, è un altro:

La vera battaglia per la filiera, che potremmo vincere insieme alla Coldiretti e a tutti coloro che possono supportarci, è legata all’applicazione sul territorio comunitario del principio di reciprocità. Tutti devono avere e rispettare le stesse regole. Questo è quello che stiamo chiedendo con insistenza alle istituzioni europee a tutela del nostro sistema produttivo, superando posizioni demagogiche fuorvianti e dannose per la reputazione di un’industria e di un prodotto.

Fatto sta che il pomodoro cinese, soprattutto se prodotto tramite sfruttamento, andrebbe del tutto boicottato e non dovrebbe proprio arrivare, neanche solo di passaggio, nel nostro Paese.

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Fonti: Coldiretti / Anicav

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