Temu, l'app cinese di e-commerce lanciata nel 2022, è sempre più popolare nel nostro Paese, ma non è affatto una buona notizia (soprattutto per l'ambiente). Ecco perché non dovremmo sostenere il modello del fast-fashion
Offre praticamente di tutto: dai vestiti ai cosmetici, dagli accessori all’arredamento per la casa, dagli elettrodomestici agli articoli sportivi. A prezzi stracciati. In Italia l’app Temu – che promette risparmi fino al 90% – è sbarcata anche in Italia, conquistando un pubblico sempre più vasto. A confermare l’interesse verso la piattaforma cinese di e-commerce il boom di ricerche online.
Temu (che sta per “Team Up, Price Down”) si piazza, infatti, fra i termini più googlati, come mostrano i grafici di Google Trend riferiti alle ultime ore e più in generale alle scorse settimane:
L’app Temu è stata una delle più scaricate in assoluto nel nostro Paese. Tutto questo, però, non è affatto rincuorante, anzi. Ciò significa che il modello del fast fashion, che ci spinge a un consumismo sfrenato, si sta rafforzando. Più volte abbiamo affrontato la questione, anche in riferimento ad altri colossi come Shein, Ali Express e Zara.
I motivi per evitare di fare acquisti su Temu o altre piattaforme simili sono numerosi e non riguardano esclusivamente gli effetti deleteri sull’ambiente.
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I motivi per non comprare su Temu (e su nessun’altra piattaforma del fast-fashion)
Se avete a cuore il Pianeta, dovreste smettere al più presto di comprare vestiti o altri prodotti su Temu. L’azienda si basa su un modello di produzione insostenibile, deleterio per l’ambiente: gli indumenti e gli altri oggetti messi “in vetrina” sono un’infinità e il loro prezzo bassissimo attrae i clienti, che si ritrovano ad acquistare articoli di bassa qualità.
Spesso questi ultimi vengono buttati via dopo un periodo di utilizzo brevissimo e non di rado finiscono in discariche a cielo aperto. Un esempio lampante è rappresentato dal deserto di Atacama, dove l’inquinamento legato all’industria tessile è ormai fuori controllo.
Ad aggravare lo scenario sono le emissioni inquinanti provocate dal trasporto aereo per consegnare gli ordini e i resi dall’altra parte del mondo, come ci ha svelato l’interessante inchiesta Giralamoda realizzata da Report, in collaborazione con Greenpeace.
Un altro aspetto da considerare è la scarsa sicurezza dei prodotti che offre la piattaforma di e-commerce cinese. Il problema riguarda anche giocattoli per bambini e cosmetici, come rivela una recente indagine condotta da Altroconsumo. Diversi articoli venduti da Temu presentano etichette poco chiare e non hanno il marchio CE, quindi potrebbero contenere sostanze vietate sul territorio dell’Unione europea.
Infine, non si può tralasciare la questione dei lavoratori. Gli articoli che compriamo su piattaforme come Temu (ma non è l’unica) possono essere fruttodi situazioni di sfruttamento. A fare luce su questo tema una scottante inchiesta pubblicata lo scorso anno su Bloomerg, da cui è emerso che una parte dei prodotti messi in vendita sull’app p rovengono da aziende situate nello Xinjiang, regione della Cina dove il lavoro forzato degli Uiguri (minoranza musulmana perseguita nel Paese asiatico) è praticamente la prassi.
La replica di Temu
A seguito della pubblicazione del nostro articolo, abbiamo ricevuto la replica da parte di Temu, che riportiamo qui:
Il modello commerciale di Temu consente di offrire prezzi accessibili ai clienti collegandoli direttamente a produttori e grossisti. Un ulteriore risparmio sui costi deriva dalla comprensione delle preferenze dei consumatori e dall’aiuto ai produttori nel produrre i giusti prodotti nelle giuste quantità e al momento giusto. In questo modo si riducono gli sprechi e le inefficienze, con un notevole risparmio sui costi. In generale, il modello commerciale di Temu si concentra sulla fornitura di valore ai clienti, offrendo un’ampia gamma di opzioni che soddisfano le esigenze individuali, con il risultato di prezzi accessibili a tutti.
Uno dei modi in cui Temu promuove la sostenibilità è migliorare l’incontro tra domanda e offerta, in modo da ridurre al minimo le scorte invendute e gli sprechi. La collaborazione di Temu con i produttori favorisce una produzione più mirata e la riduzione di merce indesiderata.
Prima di aprire il proprio negozio e inserire i prodotti su Temu, ogni venditore deve firmare un accordo. Questo documento rappresenta un impegno a mantenere operazioni commerciali lecite e conformi e ad aderire rigorosamente alle norme e ai regolamenti legali dei loro mercati specifici.
Il Codice di condotta per le terze parti stabilisce che chiunque faccia affari con Temu deve rispettare rigorosamente tutti gli standard normativi e i requisiti di conformità. È severamente vietato l’uso di lavoro forzato, penale o minorile. L’impiego di tutti i commercianti e fornitori deve essere rigorosamente volontario. Essi devono rispettare la libertà di associazione e i diritti dei lavoratori alla contrattazione collettiva. I commercianti, i fornitori e le altre terze parti di Temu devono pagare puntualmente i propri dipendenti e appaltatori e devono rispettare tutte le leggi locali in materia di salari e orari.
Temu si riserva esplicitamente il diritto di interrompere qualsiasi rapporto commerciale se una terza parte viola il presente Codice di condotta o la legge. Sebbene Temu sia un’azienda giovane, con appena un anno di vita, hanno sempre dato priorità al rispetto delle regole e delle normative. Gli standard di Temu e le pratiche attuali non sono diversi da quelli delle principali piattaforme di e-commerce, come Amazon, eBay ed Etsy.
Temu accoglie con favore le segnalazioni da parte di tutti i settori e si possono segnalare le violazioni del Codice di condotta contattando l’indirizzo ethics@temu.com.
Per quanto riguarda l’inchiesta realizzata da Report, Temu ha fornito un riscontro, già pubblicato da Report (http://www.rai.it/dl/
doc/2024/02/11/1707677627348_t emu.pdf).
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Fonte: Google Trend
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