L'inflazione galoppante sta mettendo a dura prova il portafogli degli italiani, che si trovano a fronteggiare prezzi sempre più alti - e la situazione non migliora nei discount, che non garantiscono più un elevato margine di risparmio
Ce ne siamo accorti tutti: da mesi ormai fare la spesa quotidiana è diventato costosissimo, e anche quei prodotti da sempre presenti nel carrello – come pane, latte, olio o pasta – sono diventati praticamente un lusso.
Colpa dell’inflazione, certo, ma anche dell’aumento del prezzo delle materie prime e dei costi dell’energia, su cui pesa il conflitto che ancora imperversa al centro dell’Europa.
Per questo motivo, sono sempre più numerosi i consumatori che scelgono di fare la spesa nelle grandi catene di discount, con la speranza di riuscire a risparmiare un po’ e a comprare più prodotti con lo stesso budget.
Ma i prodotti dei discount convengono ancora come una volta? In effetti no, come conferma un’analisi condotta da Nielsen Iq e riportata dalla rivista Il Salvagente.
Stando ai dati, nel giro di un anno (fra marzo 2022, subito dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, e marzo 2023) i prezzi dei prodotti in vendita nei discount hanno subito un aumento del +20,8%.
Nello stesso periodo, i prodotti in vendita nella grande distribuzione organizzata (GDO) hanno visto un aumento decisamente inferiore – +15,4%.
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Un esempio di aumento dei prezzi: la pasta
Facciamo qualche esempio mettendo a confronto i prezzi di un bene molto consumato dagli italiani, ovvero la pasta.
Un chilo di pasta a marchio Barilla nella grande distribuzione è passato dal costare 1,72 euro tre anni fa a 2,03 di oggi, con un aumento registrato del +18%. Parlando di un altro marchio della GDO, un chilo di pasta De Cecco è passato da 2,70 euro nel 2020 a 3,44 euro nel 2023, registrando un aumento del +27%.
Per quanto riguarda la pasta realizzata con materie prime biologiche, anche questo prodotto ha registrato un aumento negli ultimi anni, benché questo sia stato più contenuto: un chilo di pasta Alce Nero costava 4,34 euro nel 2020, mentre ora è arrivato a costare 4,84 euro (+11%).
I prodotti brandizzati dai supermercati hanno subito un aumento più consistente: un chilo di pasta a marchio Conad è passato da 0,78 a 1,09 euro – un aumento del +39%.
Ma è la pasta del discount che ha registrato gli aumenti più sostanziali, come dimostrano i dati che dimostrano un prezzo praticamente raddoppiato in poco più di due anni: un chilo di pasta Lidl è passato da a 0,59 euro 1,30 euro (+120%), mentre la pasta Eurospin da 0,65 è arrivata a 1,30 euro (+100%).
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Non esistono più i discount di una volta
Quello della pasta è solo un esempio, ma che rende bene conto di una tendenza generale e stranamente comune fra le due principali catene di discount presenti sul territorio italiano – Lidl ed Eurospin: entrambe hanno mostrato aumenti uguali per molti prodotti e prezzi uguali sugli scaffali.
Qualche esempio? L’olio extravergine di oliva ha subito un aumento del +53% in due anni in tutte e due le catene, e anche i frollini a marchio hanno subito un aumento uguale (+8% in due anni) fino a raggiungere lo stesso prezzo per il consumatore (3,07 euro).
Ma perché i prodotti dei discount mostrano rincari così sostanziosi? Ci sono diverse risposte a questo fenomeno. Da una parte, i prodotti dei discount hanno elevato la qualità (e di conseguenza il prezzo) per avvicinarsi all’offerta dei grandi marchi.
Dall’altra parte, i punti vendita della grande distribuzione allettano i consumatori con offerte e promozioni – strategie che i discount non possono mettere in pratica a causa del piccolissimo margine tra il costo di acquisto del prodotto e il prezzo di vendita al consumatore.
In pratica, mentre i discount tentano di tenere i prezzi dei loro prodotti il più possibile bassi senza promozioni, la GDO si avvale della possibilità di campagne pubblicitarie, sconti e altre strategie di marketing che per un breve periodo abbassano il prezzo dei prodotti.
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Fonte: Il Salvagente
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