Un nuovo test ha analizzato 20 confezioni di pomodori pelati, quasi tutti confezionati in lattina, scoprendo che il bisfenolo A o BPA è ancora un grosso problema. Solo una marca si salva (ed è in vetro)
Si torna a parlare di pomodori pelati e del rischio, se confezionati in lattina, che contengano tracce di bisfenolo A (BPA), sostanza pericolosa per la salute umana. L’occasione è un nuovo test tedesco, condotto su 20 confezioni di pomodori pelati, sia di marche note che del discount o biologici.
Si tratta perlopiù di marche vendute in Germania ma alcune sono italiane e, fanno sapere gli esperti tedeschi, con pochissime eccezioni tutti i barattoli contengono pomodori italiani. Dunque il test stavolta ci interessa da vicino.
L’indagine si è concentrata in particolare sul bisfenolo A, per capire se questo può migrare dai rivestimenti delle lattine al pomodoro. Si è voluto verificare anche se i prodotti fossero contaminati da residui di pesticidi o tossine delle muffe.
Altri parametri analizzati sono stati l’ergosterolo e la solanina che, come spiega Öko-Test, forniscono un’indicazione della lavorazione dei pomodori stramaturi (ergosterolo) o indicano la presenza di frutti acerbi (solanina).
Valutata infine la provenienza dei pomodori, in quali condizioni sociali ed ecologiche sono stati coltivati e se i fornitori possono risalire la filiera fino al campo.
I risultati
Il risultato più importante che emerge dal test riguarda proprio il bisfenolo A che sembra essere un problema ancora rilevante in questi prodotti. Öko-Test infatti scrive che:
Tutti i pomodori pelati in scatola nel nostro test superano la dose giornaliera considerata acritica secondo gli ultimi dati. D’altra parte, solo i 2 prodotti in vetro sono puliti.
E inoltre specifica:
Con un cibo in scatola di un fornitore del nostro test, un adulto del peso di 60 kg assume 28 volte più bisfenolo A (BPA) di quanto l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) consideri innocuo secondo le ultime stime.
In pratica, in tutti i 18 pomodori in lattina, i livelli di BPA vengono considerati dagli esperti tedeschi “fortemente aumentati” e alla fine si consiglia un solo prodotto su 20.
Ricordiamo che è ormai da decenni che si parla dei rischi del BPA in quanto “interferente endocrino”, inoltre è ufficialmente classificato come ” tossico per la riproduzione nell’uomo” nel regolamento CLP dell’ECHA. Il BPA è anche sospettato di promuovere il cancro al seno, l’obesità e problemi comportamentali nei bambini.
Ma come mai improvvisamente questi alti livelli di Bisfenolo A nei pelati? Öko-Test spiega:
La dose giornaliera acritica di BPA ora è significativamente inferiore. È noto da tempo che il bisfenolo A (BPA) delle resine epossidiche utilizzate per dipingere l’interno delle lattine può migrare negli alimenti. E per questo motivo i produttori stanno migliorando i loro rivestimenti per lattine da diversi anni ormai. Nell’aprile 2023, l’EFSA ha abbassato in modo spettacolare la “dose giornaliera tollerabile” (TDI) di bisfenolo A in un rapporto: da allora, la dose giornaliera innocua della sostanza chimica, che potrebbe essere ingerita senza rischi per l’intera durata della vita, è fissata a solo 0,2 nanogrammi/chilo (ng/kg) di peso corporeo, ovvero 20.000 volte inferiore all’ultima TDI fissata nel 2015. Il fattore decisivo per questa autocorrezione da parte dell’EFSA sono stati i nuovi dati sul fatto che il bisfenolo A potrebbe influenzare il nostro sistema immunitario anche in quantità molto inferiori rispetto a quanto ipotizzato in precedenza.
Si specifica però che il TDI non è vincolante, non si tratta infatti di un limite legale. Quindi anche in questo caso i pomodori sono assolutamente a norma di legge.
La cosa che stupisce di più, però, e che a superare questi limiti sono anche i pomodori pelati in lattine “BPA free”, ovvero quelle per il cui rivestimento interno non viene deliberatamente utilizzato bisfenolo A. Alcuni produttori hanno persino fornito certificati per provarlo.
Come si spiega?
potrebbe essere che la sostanza chimica che ora si sta diffondendo ovunque nell’ambiente non provenga affatto dal barattolo ma dai pomodori stessi? Non pensiamo che sia molto probabile perché il nostro laboratorio non è stato in grado di misurare alcun BPA negli unici due prodotti di prova in vetro, nonostante il metodo ipersensibile.
Passiamo ora a qualche buona notizia che emerge dal test: i pesticidi non sono un problema nel caso dei pelati e neppure le tossine della muffa (trovate in un solo prodotto).
Per quanto riguarda invece le catene di approvvigionamento, solo pochi produttori dimostrano i propri sforzi per garantire condizioni di lavoro eque, si potrebbe anche migliorare molto in quanto a coltivazioni sostenibili.
Come già dicevamo, tra l’altro, i pomodori (tranne 2 casi) arrivano tutti dal Sud Italia ma il test ricorda come spesso dietro alle condizioni dei lavoratori nei campi si nasconda lo sfruttamento.
Secondo Oxfam, centinaia di migliaia di migranti, spesso provenienti dall’Africa, vi lavorano senza regolare permesso di soggiorno, raccogliendo pomodori nel caldo torrido, vivendo in baracche senza acqua corrente né elettricità e pagando anche “tasse” alle loro agenzie di lavoro in nero.
Solo 6 fornitori di pomodori pelati sono stati in grado di dimostrare il loro impegno per assicurare i diritti dei lavoratori, c’è quindi ancora molto da fare per combattere lo sfruttamento.
Nelle seguenti infografiche potete vedere i pomodori testati che, come dicevamo sopra, alla fine ottengono tutte valutazioni basse e solo uno di quelli in vetro viene consigliato dal test. Si tratta dei pomodorini pelati La Selva.
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Fonte: Öko-Test
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