Quotidianamente ingeriamo residui di fitosanitari senza neanche accorgercene: solo il 54,8% dei campioni di alimenti analizzati da Legambiente nel corso del 2021 è risultato privo di residui di pesticidi. E in cima alla black list troviamo cibi come le pere e i pomodori
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Gli alimenti che portiamo ogni giorno sulle nostre tavole nascondo delle insidie invisibili: i pesticidi. La presenza di sostante fitosanitarie è andata addirittura ad aumentare rispetto allo scorso anno. A confermarlo è il nuovo dossier realizzato da Legambiente con Alce Nero. Ben il 44,1% dei 4313 campioni di origine vegetale e animali, infatti, è risultato contaminato da una o più tracce di pesticidi, anche se nella stragrande maggioranza entro le soglie consentite dalla legge (i campioni irregolari sono pari all’1%).
Ancora una volta, fra i cibi maggiormente avvelenati si distingue la frutta: dal monitoraggio eseguito nel 2021 è emerso che oltre il 70,3% dei campioni contiene uno o più residui di fitofarmaci. Nella lista nera spiccano l’uva e le pere. Per quanto concerne, invece, verdura e ortaggi il quadro è un po’ più rassicurante. Il 65,5% degli alimenti presi in esame è risultata priva di residui, ma per i peperoni i numeri sono decisamente inquietanti (oltre il 60% è contaminato da almeno un pesticida).
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I frutti con più tracce di pesticidi
Ma quali sono quindi i frutti più a rischio contaminazione da pesticidi in Italia? Nel 2021 le tipologie maggiormente contaminate sono risultate le seguenti:
- pere (91,67%)
- uva (88,37%)
- pesche (80,65 %)
Nel 91,67% dei campioni di pere analizzati, ad esempio, sono stati rilevati fino a 22 diverse categorie di fitofarmaci tra cui Acetamiprid (14,2%) e Boscalid (12,5%). Invece, nei piccoli frutti – come more, lamponi e bacche – la percentuale più alta di irregolarità riscontrata è pari al 5,97%.
Verdura e ortaggi con più tracce di pesticidi
Come anticipato, nella categoria delle verdure e ortaggi si si osserva una maggiore presenza di campioni a norma di legge e privi di fitofarmaci (65,57%). In questo caso la percentuale di irregolarità si attesta all’1,06%. Dal monitoraggio è emerso che gli alimenti che presentano più tracce di pesticidi sono:
- i peperoni (60,68%)
- i pomodori (55,03% di residui)
Il vino fra i prodotti trasformati più contaminati
Nella black list degli alimenti che presentano ancora troppe tracce di pesticidi consentiti troviamo anche i cereali integrali e il vino. Nel 61,8% dei campioni presi in esame di questa amatissima bevanda, infatti, è stata rinvenuta la presenza di almeno una sostanza fitosanitaria.
“Analizzando i risultati ottenuti nella categoria vino, appare evidente come, anche in questo caso, il multiresiduo sia più frequente (42,70%)” si legge nel dossier.
Le sostanze attive più frequentemente riscontrate sono: Metalaxyl (12,2%), Dimetomorf (11%), e Fenhexamid (8,9%) contando oltre 50 tipologie differenti di fitofarmaci.
Con il termine “multiresiduo” si intende la compresenza di più residui di sostanze nocive nello stesso campione. Come chiarisce Legambiente, residui multipli in un singolo alimento possono derivare dalla presenza di più principi attivi nello stesso pesticida o dall’applicazione di diversi tipi di sostanze attive (ad esempio, erbicidi, fungicidi o insetticidi contro diversi parassiti o malattie) o possono essere dovuti dalla contaminazione durante la lavorazione degli alimenti, dall’assorbimento di residui persistenti attraverso il terreno o dalla dispersione causata da trattamenti effettuati su campi agricoli vicini.
Occorre sottolineare che le interazioni di più principi attivi possono provocare effetti differenti a carico dell’organismo a seconda della struttura chimica delle sostanze nocive.
I fitofarmaci maggiormente utilizzati (alcuni dei quali vietati da tempo)
Fra i pesticidi trovati più di frequebte troviamo:
- Acetamiprid
- Boscalid
- Fludioxonil
- Azoxystrobina
- Tubeconazolo
- Fluopyram
Nel report di Legambiente vengono segnalati inoltre residui di Thiacloprid rinvenuti in 2 campioni di miele, in 1 pesca e in 1 mela e tracce di Imidacloprid rinvenuti in 34 campioni tra albicocche, arance, banane, carciofi, mandarini, peperoni, uva e pomodori. In entrambi i casi, si tratta di fitofarmaci vietati dal nostro mercato dal 2020.
Infine, ad allarmare è anche la presenza di residui del pericoloso DDT – messo al bando nell’UE da decenni – in 2 campioni di derivazione animale (tessuto adiposo di cavallo e di bovino).
Dall’analisi dei dati rilevati emerge chiaramente la necessità di intraprendere la strada dell’agroecologia con ancora più determinazione, mettendo in atto, in maniera convinta e senza tentennamenti, quanto stabilito dalle direttive europee Farm to fork e Biodiversity 2030. – commenta Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente – Con l’approvazione della legge sul bio indubbiamente è stato fatto un importante passo in avanti. Adesso, serve passare dalla teoria alla pratica, affinché quel traguardo non risulti solo una bandierina ma un patrimonio per l’intero settore. Servono, quindi, meccanismi incentivanti attraverso cui dare gambe e fiato alla transizione, a partire dalla messa a disposizione di risorse. Serve, inoltre, che vengano applicate in maniera stringente le norme, stando alla larga da eventuali ipotesi di deroghe all’utilizzo di specifici fitofarmaci, come purtroppo sta avvenendo con il Glifosato.
È, inoltre, di fondamentale importanza approvare il regolamento per l’utilizzo dei fitofarmaci (SUR) presentato lo scorso 22 giugno dalla Commissione europea e che prevede obiettivi di riduzione dell’uso dei pesticidi legalmente vincolanti per gli Stati membri, a oggi a rischio a causa di continue richieste di rinvii da parte di alcuni Paesi tra cui l’Italia. Occorre infine aumentare significativamente le aree coltivate a biologico che rappresentano un metodo efficace di ridurre gli input negativi in agricoltura”.
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Fonte: Legambiente
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