Olio venduto come extravergine ma che in realtà, era semplice olio d’oliva. E’ quanto emerge dall’indagine della Procura di Torino guidata da Raffaele Guariniello, dopo l’analisi a campione di bottiglie prelevate dai Nas in alcuni supermercati torinesi. Finiscono così, sul registro degli indagati i rappresentanti legali di sette aziende olearie
Come fare ad acquistare un buon extravergine d’oliva italiano? “Bisogna fare attenzione ai prodotti venduti a meno di 6-7 euro al litro che non coprono neanche i costi di produzione, leggere la scadenza e preferire l’extravergine nuovo a denominazione di origine Dop, guardando l’annata di produzione che molti indicano volontariamente in etichetta”.
I consigli arrivano direttamente da Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti, dopo la notizia diffusa dai media dell’olio venduto come extravergine ma che in realtà, era semplice olio d’oliva.
Il dato è emerso dall’indagine coordinata dal procuratore aggiunto della Procura di Torino, Raffaele Guariniello, dopo l’analisi a campione di bottiglie prelevate dai carabinieri del Nas in alcuni supermercati torinesi.
Finiscono così, sul registro degli indagati i rappresentanti legali di sette aziende olearie: Carapelli, Santa Sabina, Bertolli, Coricelli, Sasso, Primadonna (confezionato per la Lidl) e Antica Badia (per Eurospin). Dovranno rispondere di frode in commercio per aver spacciato un comune olio di categoria 2, meno pregiato e meno costoso, per extravergine d’oliva.
Su Facebook il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina ha commentato:
Seguiamo con attenzione l’evoluzione delle indagini della Procura di Torino perché è fondamentale tutelare un settore strategico come quello dell’olio d’oliva italiano. Da mesi abbiamo rafforzato i controlli, soprattutto in considerazione della scorsa annata olearia che è stata tra le più complicate degli ultimi anni. Nel 2014 il nostro Ispettorato repressione frodi ha portato avanti oltre 6 mila controlli sul comparto, con sequestri per 10 milioni di euro. È importante ora fare chiarezza per tutelare i consumatori e migliaia di aziende oneste impegnate oggi nella nuova campagna di produzione.
L’indagine era scattata dopo la segnalazione della rivista Il Test del maggio scorso. Nell’inchiesta si parlava di 20 bottiglie (considerate in etichetta extravergine) analizzate dal laboratorio chimico di Roma dell’Agenzia delle Dogane. I campioni erano stati sottoposti sia all’esame organolettico, fatto dal Comitato di assaggio delle Dogane, sia a quello chimico per verificare acidità e presenza di perossidi. Risultato? Nove bottiglie su 20 bocciate e declassate a vergine.
Secondo la normativa del 2013, per essere extravergine, l’olio non deve avere nessun difetto organolettico, la presenza anche di una sola attribuzione negativa, lo rende infatti un comune olio. L’esistenza di una rigorosa cornice legislativa, infatti, non argina il mancato controllo sui regimi di importazione che non consentono di verificare la qualità dei prodotti importati.
Per cui, ad esempio, l’olio d’oliva diventa extravergine, l’olio di sansa viene venduto per olio d’oliva. Di contorno ci sono etichette ingannevoli, l’assenza sia di controlli a tappeto per la valutazione organolettica sia di sanzioni per le inadempienze.
“A favorire le frodi – spiega la Coldiretti – è certamente il record di importazioni con l’arrivo dall’estero nel 2014, di ben 666 mila tonnellate di olio di oliva e sansa, con un aumento del 38 per cento rispetto all’anno precedente”.
Secondo l’associazione di categoria per difendere il Made in Italy è necessario fare al più presto chiarezza. “L’Italia è il secondo produttore mondiale di olio di oliva dopo la Spagna con circa 250 milioni di piante su 1,2 milioni, con un fatturato del settore è stimato in 2 miliardi di euro con un impiego di manodopera per 50 milioni di giornate lavorative”.
Di contro, non bisogna dimenticare che il Belpaese è anche il primo importatore mondiale di oli d’oliva che vengono spesso mescolati a quelli italiani, un comportamento che favorisce sicuramente le frodi alimentari.
Mentre sui social si scatenano i consumatori e nel web continua la petizione di Change.org per garantire la qualità dell’olio, arrivano le prime note stampa dalle aziende iscritte nel registro degli indagati.
La Pietro Coricelli spa, per esempio, respinge le contestazioni mosse in cui “si riporta falsamente che l’azienda avrebbe posto in commercio “olio di oliva” sotto la dicitura di “olio extravergine”, fatto questo che non viene eccepito neppure dalla Procura della Repubblica di Torino la quale si limita, sulla base di metodi di accertamento appunto discutibili, a contestare che l’olio posto in commercio sia “vergine” anziché “extravergine”: sul punto l’azienda sta verificando con i propri legali l’opportunità di sporgere querela nei confronti delle relative testate giornalistiche riservandosi di quantificare i danni subiti”.
La stessa azienda, si legge sulla nota: “desidera rassicurare tutti i propri consumatori, e più in generale tutte le parti interessate, che i prodotti da essa posti in commercio in passato, ora, e come sempre sarà in futuro rispettano tutti i più elevati standard di qualità in ossequio alle più stringenti normative in vigore”.
Noi, dal canto nostro, non possiamo che ribadire di fare attenzione all’olio che comprate: leggete le etichette, controllate le scadenze e diffidate dai prezzi troppo bassi.
Dominella Trunfio
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