Il Greenwashing di Coca Cola in Sud America parte da questa piattaforma (che serve solo a “travestirsi” di verde)

Progetti idrici, di riciclo e di forza lavoro. Coca Cola si veste di nuovo di un luccichio imbarazzante e in America Latina (mercato abnorme in cui, tra l'altro, l'azienda - insieme ai suoi partner di imbottigliamento - si vanta di generare milioni di posti di lavoro diretti e indiretti), lancia una super piattaforma di "azione collettiva" per il bene del Pianeta. Sulla carta

Con oltre 180 impianti distribuiti su 39 mercati, il Sistema Coca-Cola e i suoi collaboratori hanno costruito, in oltre 95 anni di storia in America Latina, una profonda impronta sociale, ambientale ed economica, si legge sul sito di Coca-Cola America Latina.

E ancora:

Riconosciamo che il benessere dell’azienda non è possibile senza il benessere delle comunità in cui operiamo. Pertanto, oltre a creare legami profondi con le persone e offrire bevande che amano e che le accompagnano in ogni fase della loro vita, insieme ai nostri fornitori, agricoltori, piccole imprese e collaboratori, formiamo una catena del valore che impatta, in un certo senso direttamente e indirettamente, la vita di milioni di persone in tutta la regione.

Nulla di cui meravigliarsi, quindi, se oggi in pompa magna lo stesso Sistema Coca-Cola Latinoamérica annuncia il lancio di Juntos (Insieme), una piattaforma di “azione collettiva, di gestione, comunicazione e collaborazione che valorizzi l’impatto dei progetti locali nella regione e “realizzi progetti di sostenibilità in America Latina”.

Cos’è Juntos

La piattaforma è già presente in tutta la regione e rappresenta il modo in cui l’azienda lavora, insieme ai suoi alleati, per promuovere le iniziative e i progetti di sostenibilità disponibili, evidenziando la collaborazione e l’azione collettiva per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità dell’azienda.

Diviso in tre pilastri (Acqua, Empowerment economico e Riciclo), Juntos quindi dovrebbe guidare gli sforzi di sostenibilità del sistema Coca-Cola e dei partner intorno a tre pilastri, come:

  • Progetti idrici, scrivono da Coca Cola: poiché l’acqua è importante per noi, ma anche per le comunità in cui operiamo, miriamo a che due milioni di persone possano beneficiare dell’accesso all’acqua potabile entro il 2030
  • Progetti di riciclo, scrivono ancora: i nostri obiettivi sono chiari: il nostro obiettivo è raccogliere e riciclare una bottiglia o lattina per ogni bottiglia che vendiamo entro il 2030, cerchiamo anche di rendere riciclabile il 100% dei nostri contenitori entro il 2030
  • Progetti di empowerment economico, ancora: Entro il 2030, vogliamo promuovere l’emancipazione economica di due miliardi di imprenditori, contribuire alla generazione di imprese prospere e resilienti, e quindi aumentare la qualità della vita e lo sviluppo socioeconomico nella regione. La diversità e l’inclusione saranno una priorità nei nostri programmi, con particolare attenzione al genere e alla razza. Il nostro intento continuerà a promuovere l’emancipazione economica delle donne e delle minoranze razziali, promuovendo così l’uguaglianza. In tutta la regione, abbiamo collaborato con diverse organizzazioni, governi e altri alleati per partecipare a progetti di empowerment economico in più di quindici Paesi.
studio cocacola

©Coca Cola

Greenwashing, l’altra faccia della medaglia

Sì, siamo sempre qui, perché al di là di tutte queste meravilgie, quello che è certo è che la Coca-Cola ancora produce circa 3 milioni di tonnellate all’anno di bottiglie in plastica, vale a dire circa 200mila bottiglie al minuto per un totale di 100 miliardi l’anno.

Motivo per cui rappresenta ancora il primo produttore al mondo di rifiuti di questo materiale.

E non solo, proprio quanto all’uso dell’acqua, per esempio, un report del 2017 confermò che multinazionali come Coca Cola (ma anche Pepsi e Danone) stanno prosciugando proprio il Messico. Loro, infatti, godono di speciali concessioni per lo sfruttamento delle falde acquifere, ma non sono adeguatamente controllate, oltre a pagare tasse irrisorie. Un disastro ambientale, oltre che umano.

Questa la denuncia di Léo Heller, Relatore Speciale sul diritto umano all’acqua potabile e all’igiene dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), che presentò il rapporto al quale hanno collaborato 101 organizzazioni umanitarie e dal quale emerse, tra le altre cose, che la Coca Cola paga 2 mila e 600 pesos per ciascuna delle 46 concessioni per il prelievo delle acque sotterranee all’anno (un totale, dunque, che non arriva a 120 mila pesos), ma solo nel 2007 ha ottenuto guadagni per 32 miliardi e 500 milioni di pesos.

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Fonte: Coca-Cola América Latina

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