Etichette: da oggi obbligo di indicare stabilimento di produzione e confezionamento

Pelati, conserve, pasta, riso e tanti altri prodotti non potranno più essere venduti se in etichetta non verranno specificate la sede e l’indirizzo dello stabilimento di produzione o di confezionamento degli alimenti. Da oggi scatta l’obbligo e sono previste multe che vanno dai 2mila ai 15mila euro. Una bella risposta contro il falso made in Italy.

Pelati, conserve, pasta, riso e tanti altri prodotti non potranno più essere venduti se in etichetta non verranno specificate la sede e l’indirizzo dello stabilimento di produzione o di confezionamento degli alimenti. Da oggi scatta l’obbligo e sono previste multe che vanno dai 2mila ai 15mila euro. Una bella risposta contro il falso made in Italy.

Oggi 5 aprile, entra in vigore il Decreto Legislativo 15 settembre 2017 n. 145, dopo 180 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale n. 235 del 7 ottobre 2017.

Possiamo parlare di una vera e propria operazione trasparenza che va avanti da anni. Ingredienti, avvertenze, tabelle nutrizionali, simboli e marchi, in una guida vi spiegavamo come leggere le etichette correttamente. Sono sempre di più i consumatori consapevoli che vogliono sapere cosa mettono nel proprio carrello della spesa.

“L’84% ritiene fondamentale conoscere, oltre all’origine degli ingredienti, anche il luogo in cui è avvenuto il processo di trasformazione”, spiega la Coldiretti.

Secondo l’associazione, però, sarebbe necessario un ulteriore passo avanti con l’indicazione anche dell’origine degli ingredienti sull’etichetta.

“Due prosciutti su tre venduti oggi in Italia provengono da maiali allevati all’estero senza che questo venga evidenziato chiaramente in etichetta dove non è ancora obbligatorio indicare l’origine, come avviene anche per il fiume di 200 milioni di chili di succo di arancia straniero che valica le frontiere e finisce nelle bevande all’insaputa dei consumatori perché l’etichetta non lo dice. Sembra che la scelta d’acquisto, per il 96% dei consumatori, dipenda proprio dall’origine dei cibi”, continua.

Cosa cambia nelle etichette

etichette obbligo

Come dicevamo, da oggi grazie all’entrata in vigore del decreto legislativo già citato, c’è l’obbligo di indicare nell’etichetta degli alimenti la sede e l’indirizzo dello stabilimento di produzione o di confezionamento. In caso di inadempimento, arrivano anche sanzioni, che vanno da 2mila euro a 15mila euro, per la mancata indicazione della sede dello stabilimento o se non è stato evidenziato quello effettivo nel caso l’impresa disponga di più stabilimenti.

Salvo smaltimento delle scorte dei vecchi lotti, dunque, nei supermercati avremmo etichette trasparenti e a controllare il rispetto della norma e l’applicazione di eventuali sanzioni sarà l’Ispettorato repressione frodi. Ma se per la Coldiretti tutto ciò rappresenta “un freno agli inganni con patria e tricolore in un prodotto su quattro”, secondo il Codacons ci vuole trasparenza soprattutto sulle materie prima.

“Ai consumatori una simile misura servirà a poco o nulla. Un alimento può essere realizzato e confezionato in Italia, ma le sue materie possono provenire tutte da paesi esteri. Ciò che realmente serve è obbligare i produttori ad indicare in etichetta l’origine delle materie prime per tutti gli alimenti in commercio in Italia: solo così sarà possibile fornire adeguate garanzie di trasparenza agli utenti e consentire loro di evitare inganni e raggiri e fare acquisti in piena consapevolezza”, chiosa il presidente di Codacons, Carlo Rienzi.

La campagna #stopcibofalso

cibo falso

Per fermare il falso made in Italy, proteggere la salute, tutelare l’economia e bloccare le speculazioni, la Coldiretti e Fondazione Campagna Amica hanno avviato una mobilitazione popolare dal titolo #stopcibofalso nei confronti dell’Unione Europea.

L’obiettivo della petizione è dare la possibilità a livello europeo di estendere l’obbligo di indicare l’origine in etichetta a tutti gli alimenti, dopo che l’Italia, affiancata anche da Francia, Spagna Portogallo, Grecia, Finlandia, Lituania e Romania, ha già adottato decreti nazionali per disciplinarlo in alcuni prodotti come latte e derivati, grano nella pasta e riso.
Per aderire alla petizione clicca qui

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Dominella Trunfio

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