Allarme pomodori cinesi: cosa c’entrano le passate italiane? Tutti gli scandali storici (tra importazioni e rischio frodi)

Una nave con tonnellate di concentrato di pomodoro cinese è arrivata in Italia, ma esistono davvero dei rischi reali che questo prodotto finisca sulle nostre tavole?

Ancora una volta il pomodoro cinese sta facendo parlare di sé in Italia. Continuano ad arrivare infatti nel nostro Paese navi che trasportano tonnellate e tonnellate di questo prodotto (l’ultima a Salerno). A denunciare recentemente, così come in passato, questi fatti è Coldiretti che lancia l’allarme sull’importazione di grandi quantitativi di concentrato di pomodoro provenienti dalla Cina, e in particolare dalla regione dello Xinjiang, nota per lo sfruttamento del lavoro delle minoranze Uiguri.

Me che fine fa il concentrato di pomodoro cinese una volta approdato in Italia?

Sulla questione è intervenuta prontamente l’Associazione Nazionale Industriali delle Conserve Alimentari Vegetali (Anicav) che in una replica a Coldiretti ha rassicurato i consumatori, sostenendo che i prodotti a base di pomodoro che troviamo nei supermercati sono ottenuti esclusivamente da pomodoro italiano e che l’importazione di concentrato cinese è temporanea, ovvero destinata alla successiva esportazione al di fuori dell’Unione Europea.

L’associazione ha dichiarato:

Concentrati, pelati, passate, polpe e pomodorini che troviamo sugli scaffali dei supermercati sono ottenuti da pomodoro 100% italiano di alta qualità, come indicato anche in etichetta, che deve essere lavorato entro 24 ore dalla raccolta, tempi di lavorazione incompatibili con quelli che sarebbero necessari a importare la materia prima da altri Paesi. (…) Ipotizzare come fa Coldiretti che i derivati del pomodoro possano essere ottenuti da un semilavorato, come il concentrato cinese, è come pensare di poter trasformare una bottiglia di vino in 30 grappoli d’uva.

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Tuttavia, in un contesto in cui la fiducia dei consumatori non è proprio ai suoi massimi storici (pensate a quante allerte alimentari e scandali ci sono stati in passato che hanno riguardato prodotti a base di pomodoro e non solo) il dubbio nei consumatori sorge legittimo: agendo nell’illegalità (ovviamente) qualche prodottore potrebbe approfittarsi del transito in Italia di questo concentrato?

Negli scorsi anni sono emerse diverse situazioni poco chiare su cui le autorità hanno indagato sequestrando i prodotti, tutti ricorderete ad esempio lo scandalo Petti del 2021.

Lo scandalo delle passate Petti

Fu un fulmine a ciel sereno, considerando quanto questo marchio fosse apprezzato e acquistato in Italia, eppure ad aprile 2021 le autorità sequestrarono ben 4.477 tonnellate di pomodoro, per lo più confezioni di conserve (3.500 tonnellate) già falsamente etichettate come “pomodoro 100% italiano” o come “pomodoro 100% toscano”.

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Invece, come all’epoca spiegò il Comando tutela Agroalimentare dei Carabinieri in una nota:

Il prodotto veniva realizzato utilizzando rilevanti percentuali di pomodoro concentrato estero (extra-UE) miscelato a dosati quantitativi di semilavorati di pomodoro italiano.

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L’azienda si difese sostenendo che erano prodotti destinati al mercato estero, ed è proprio questo il rischio che corriamo se, qualche produttore disonesto, deciderà di approfittare del nuovo passaggio di pomodoro cinese in Italia.

Il caso del semilavorato di pomodoro egiziano contaminato da pesticidi

Nel 2022, circa un’anno dopo lo scandalo Petti, il Comando dei Carabinieri di Tutela Agroalimentare di Salerno ha condotto l’operazione “Scarlatto Due” che ha portato al sequestro di tonnellate di semilavorato di pomodoro egiziano contaminato da pesticidi. Anche in questo caso si è scoperto che l’azienda ha imbrogliato i consumatori, spacciando per italiano un prodotto di origine straniera, tra l’altro pieno di pesticidi.

Le indagini hanno rivelato una serie di pratiche illecite, compresa la corruzione di un funzionario pubblico, che ha permesso ai responsabili dell’azienda di eludere i controlli sulla qualità dei loro prodotti. Inoltre, è emerso uno sfruttamento dei lavoratori, con condizioni di lavoro estreme e retribuzioni in nero ben al di sotto dei minimi legali.

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Insomma, una situazione diversa che non riguardava l’importazione di concentrato di pomodoro cinese ma che comunque riaccese l’attenzione sui possibili rischi di falsificazione e “allungamento” di prodotto italiani con prodotti extra-Ue.

Fortunatamente, questi casi sono abbastanza isolati ma ben vengano i controlli serrati lungo tutta la filiera alimentare. È essenziale garantire che i prodotti che finiscono sulle nostre tavole siano realmente ciò che scrivono in etichetta e che rispettino non solo gli standard di qualità, ma anche i diritti dei lavoratori e i principi etici che dovrebbero guidare la produzione alimentare.

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