Acqua minerale San Benedetto: chiesta la censura dello spot, è davvero a “impatto zero CO2” o si tratta di greenwashing?

Il Fatto Alimentare ha segnalato allo IAP l'acqua minerale San Benedetto, pubblicizzata come a "impatto zero CO2". Si chiede la censura dello spot pubblicitario e la modifica delle etichette

Quando si tratta di pubblicità, è sempre bene prestare attenzione agli slogan che promettono sostenibilità, impatto zero o soluzioni ecologiche, perché spesso dietro a queste promesse si nasconde il greenwashing. Questi termini possono infatti attrarre i consumatori più attenti all’ambiente, ma spesso celano realtà più complesse e talvolta fuorvianti.

È proprio quanto successo con lo spot pubblicitario dell’acqua minerale San Benedetto, accusata di promuovere informazioni non verificate e potenzialmente ingannevoli, tanto da portare alla richiesta di una censura del suo spot e una modifica delle etichette.

La richiesta di censura dello spot dell’acqua minerale San Benedetto è stata avanzata da Il Fatto Alimentare, una testata che si occupa di sicurezza alimentare e trasparenza nel marketing dei prodotti alimentari. Il sito ha presentato la denuncia al Comitato di controllo dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP), sostenendo che lo spot dell’acqua San Benedetto, con la dicitura “CO2 impatto zero”, è fuorviante per i consumatori.

Questo è lo spot a cui si fa riferimento.

Si evidenzia in particolare che l’azienda utilizza affermazioni generiche e non verificabili che rischiano di indurre in errore chi acquista il prodotto, portando il consumatore a credere che l’acqua San Benedetto non abbia alcun impatto ambientale, cosa che in realtà – ovviamente – non corrisponde a verità.

Il messaggio pubblicitario di San Benedetto è stato contestato per diversi motivi legati all’uso improprio di termini e concetti legati alla sostenibilità. In particolare sono queste le principali criticità riscontrate dagli esperti del Fatto Alimentare:

  • “CO2 impatto zero”: questa affermazione suggerisce che il prodotto non abbia alcun impatto ambientale, il che è ingannevole. In realtà, San Benedetto utilizza una compensazione delle emissioni di CO2 attraverso l’acquisto di crediti di carbonio, il che significa che l’impatto esiste ma viene compensato, rendendo più corretto il termine “carbon neutral”
  • “Ecogreen”: il termine, un mix tra “ecologico” e “green”, non ha alcun riscontro specifico o scientificamente verificabile. Si tratta di un’espressione generica che dà un’immagine positiva al prodotto senza una vera e propria base di fatto
  • Mancanza di trasparenza: né sull’etichetta né sul sito dell’azienda vengono fornite informazioni chiare su come San Benedetto riduca o compensi le sue emissioni di CO2, rendendo ancora più problematico l’uso di claim come “impatto zero”
  • Assenza di conformità agli standard ISO: l’etichettatura dovrebbe essere conforme alle norme ISO 14021 e ISO 14068, che regolamentano l’uso di autodichiarazioni ambientali. San Benedetto non sembra seguire queste linee guida in modo trasparente o documentato
  • Greenwashing: l’uso di termini vaghi e non supportati da dati concreti rientra nella pratica del greenwashing, ovvero la comunicazione ingannevole che induce i consumatori a percepire un prodotto come più ecologico di quanto non sia in realtà
  • Claim non verificabili: la pubblicità dovrebbe riportare dichiarazioni puntuali, verificabili e supportate da evidenze scientifiche. In questo caso, i claim ambientali non rispettano questi criteri, risultando poco chiari e ambigui

Il Fatto Alimentare conclude le sue considerazioni annunciando che:

ha chiesto al Comitato di controllo dell’istituto di Autodisciplina Pubblicitaria la censura dello spot e la sostituzione delle etichette usate da San Benedetto.

Staremo a vedere se lo IAP esaminerà il caso e che decisione in merito eventualmente prenderà.

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Fonte: Il Fatto Alimentare

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