Nonostante le promesse di riciclo e sostenibilità, la produzione della fibra sintetica alimenta l'industria petrolchimica, inquina l'ambiente e contribuisce al problema delle microplastiche. La sua produzione, ahinoi, è in costante aumento
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Divenuto re dell’industria tessile moderna, il poliestere si è insinuato con grande velocità nei nostri armadi. Dagli abiti fast fashion fino ai capi d’alta moda, questa fibra sintetica è ormai onnipresente, grazie alla sua versatilità, resistenza e basso costo. Eppure, dietro l’apparente convenienza si nasconde un’amara verità: è un tessuto tutt’altro che sostenibile.
Un’industria alimentata dal petrolio
Il poliestere è un derivato del petrolio, uno dei protagonisti indiscussi, insieme a gas e carbone, del cambiamento climatico antropogenico. Come se non bastasse, la sua produzione richiede enormi quantità di energia e acqua.
Secondo il Materials Market Report 2023, la domanda di petrolio per la produzione di plastica, di cui il poliestere fa parte, è destinata a crescere esponenzialmente nei prossimi anni. Se nel 2021 la produzione di poliestere aveva raggiunto 61 milioni di tonnellate, nel 2022 è salita a 63 milioni. Se l’industria continuerà a operare secondo il modello “business as usual“, si prevede che raggiungerà i 147 milioni di tonnellate nel 2030.
Il falso mito del riciclo
L’industria tessile ha cercato di correre ai ripari promuovendo il poliestere riciclato, spesso ricavato da bottiglie di plastica (PET). Tuttavia, il riciclo di questa fibra presenta numerose sfide. Innanzitutto, la maggior parte dei capi in poliestere è realizzata con miscele di materiali, rendendo il riciclo più complesso e costoso. Inoltre, il poliestere riciclato non può essere riciclato all’infinito, come spesso viene propagandato, e finisce comunque per accumularsi nelle discariche o negli inceneritori.
Pur rappresentando nel 2022 oltre la metà della produzione di fibre a livello globale (per la precisione il 54%), solo il 14% del poliestere viene riciclato e meno dell’1% di questa percentuale deriva da tessuti riciclati.
La maggior parte del poliestere riciclato proviene, infatti, da bottiglie di plastica, un mercato sempre più competitivo che vede l’industria tessile scontrarsi con altri settori per l’approvvigionamento della materia prima. Il riciclo tessile-tessile, ovvero la capacità di riciclare vecchi tessuti in nuovi, è ancora agli inizi e rappresenta meno dell’1% del mercato globale delle fibre.
Un altro problema insidiosa del poliestere è il suo rilascio di microplastiche durante il lavaggio. Queste minuscole particelle di plastica, invisibili a occhio nudo, finiscono nei corsi d’acqua, inquinando gli ecosistemi marini ed entrando nella catena alimentare.
Alternative sostenibili: un futuro possibile
Fortunatamente, esistono alternative più sostenibili al poliestere. Le fibre naturali come cotone, lino, canapa e lana, se prodotte in modo responsabile, hanno un impatto ambientale inferiore rispetto alle fibre sintetiche.
La responsabilità dei consumatori: il potere delle scelte
Come consumatori, abbiamo il potere di influenzare l’industria tessile con le nostre scelte. Informarsi sulla provenienza e sulla composizione dei tessuti, preferire materiali naturali o riciclati certificati, acquistare meno e di migliore qualità sono azioni concrete che possiamo intraprendere per ridurre l’impatto ambientale… del nostro guardaroba.
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