Shein verso la quotazione alla Borsa di Londra: la campagna per fermare il colosso della fast fashion

SHEIN, fondata in Cina ma ora con sede a Singapore, avrebbe depositato documenti presso la Borsa di Londra come preludio alla vendita di azioni agli investitori pubblici. Un gruppo di attivisti britannici per i diritti umani ha così lanciato una battaglia legale per fermare la quotazione delle azioni di Shein e salvare la minoranza degli Uiguri

Shein quotata in Borsa? Nemmeno per sogno. Il cotone prodotto dal lavoro degli schiavi nella regione cinese dello Xinjiang è sotto gli occhi di tutti: è questo, infatti, un altro aspetto del destino tormentato degli Uiguri, la minoranza di religione musulmana e di etnia turcofona che abita nella regione nord occidentale della Cina.

Per questo motivo, l’associazione per i diritti umani Stop Uyghur Genocide, supportata dallo studio legale Leigh Day, ha chiesto alla Financial Conduct Authority britannica di rifiutare la proposta di quotazione in borsa di Shein.

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Il motivo? È chiaro a tutti che la minoranza uigura venga sfruttata come manodopera forzata nella fornitura di cotone di Shein nella regione cinese dello Xinjiang. L’associazione ha quindi chiesto all’autorità di controllo finanziario di bloccare la richiesta di Shein di essere quotata.

SHEIN ha una politica di tolleranza zero per il lavoro forzato e ci impegniamo a rispettare i diritti umani – lasciano detto di contro dal colosso della fastr fashio. Prendiamo sul serio la visibilità lungo tutta la nostra catena di fornitura e richiediamo ai nostri produttori a contratto di procurarsi cotone solo da regioni approvate.

Il numero uno della moda veloce, insomma, affermerebbe di aver investito nel rafforzamento della governance e della conformità per tutta la catena di fornitura, ma resta il fatto che sarebbe profondamente preoccupante che un’azienda con standard discutibili sul lavoro e sui diritti umani e un modello di business insostenibile per salute e ambiente possa essere destinata a raccogliere centinaia di milioni di sterline attraverso la vendita di azioni e la quotazione in Borsa.

Premiare gli attuali metodi di SHEIN attraverso una quotazione sarebbe un segno di vergogna per la Borsa di Londra, per i banchieri che aiutano a portarla sul mercato e per tutti gli investitori pronti a trarne profitto – dichiara Dominique Muller, ricercatrice di Amnesty International. Sarebbe un esempio spaventoso di un processo che favorisce i ricchi schiacciando i poveri. Conferma l’idea secondo cui è accettabile considerare i lavoratori e i loro diritti, i prodotti aziendali e l’ambiente come sacrificabili, il che sminuisce tutti noi.

Intanto un’altra vittoria per l’associazione per i diritti umani Stop Uyghur Genocide

Intanto Stop Uyghur Genocide, Anti-Slavery International e altre associazioni celebrano una’altra vittoria: la Corte d’appello ha infatti stabilito che la mancata indagine da parte della National Crime Agency sull’importazione di cotone prodotto nella regione uigura era illegale.

Il World Uyghur Congress, un’organizzazione internazionale di gruppi uiguri in esilio, aveva intrapreso un’azione legale contro la NCA britannica dopo aver rifiutato di avviare un’indagine penale. Pechino ha sempre negato qualsiasi abuso e la sua ambasciata a Washington ha precedentemente descritto le accuse di lavoro forzato come “nient’altro che una bugia inventata dagli Stati Uniti nel tentativo di reprimere in modo sconsiderato le imprese cinesi“.

Il governo cinese ha chiarito chiaramente che l’accusa di ‘lavoro forzato’ nello Xinjiang non è altro che un’enorme menzogna propagata da elementi anti-cinesi per diffamare la Cina, ha detto un portavoce dell’ambasciata cinese a Londra.

Ma nella sua azione legale, il World Uyghur Congress ha sostenuto che la NCA ha omesso di indagare se il cotone proveniente dallo Xinjiang costituisse una “proprietà criminale”. E sì: la Corte d’Appello ha stabilito l’ incapacità della National Crime Agency di indagare sul lavoro forzato uiguro nelle importazioni di cotone.

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