La svolta green della maison di moda ha la forma di una sneaker bianca in una scatola di cartone riciclato
Bianco, simbolo di purezza, verde sinonimo di ambiente sano: sono questi i colori scelti dall’iconica casa di moda Valentino per il lancio dei primi prodotti della linea Open for a change. Parliamo di due modelli di sneaker, appositamente ripensate in chiave ecologica e lanciate via social anche per attirare anche la generazione Z.
Viscosa, poliuretano ottenuto dal mais, per realizzare tomaia e la banda laterale; lacci in poliestere riciclato; custodia in cotone eco-compatibile e scatola in carta riciclata proveniente da foreste protette. Il primo passo verso un mondo più sostenibile, è la frase che accompagna la promozione del progetto.
Sicuramente è un bene che anche questa casa di moda stia iniziando a realizzare prodotti con criteri più rispettosi verso l’ecosistema, in osservanza delle proprie linee guida, progressivamente adottate in questo senso già dal 2013. Di certo capi di abbigliamento che derivano da fibre vegetali, materiali alternativi alla pelle non sono una grande novità, esistono da molto tempo, sono di ottima fattura e hanno anche con prezzi meno esosi rispetto ai listini di un marchio così altisonante.
Molti brand del lusso hanno iniziato da tempo a sposare la causa ambientale con azioni diverse. C’è chi ha iniziato a investire in progetti previsti dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite, chi lancia iniziative per ripiantare alberi, chi apre dei siti tematici per raccontare cambiamenti, anche di mentalità e di mission aziendali, fino al mettere al bando pellicce e indumenti in alpaca.
Sorge purtroppo spontaneo chiedersi quali di queste azioni siano reali e quali invece rientrino nel contesto di nuovo posizionamento, di marketing sostenibile fino al greenwashing. Il settore della moda è finito troppo spesso al centro di molte inchieste e report con dati poco lusinghieri anche per il diffondersi smodato della moda usa e getta o fast fashion. Il rapporto del 2021 dell’associazione no profit Change Markets Foundation “La moda fossile. La dipendenza nascosta del fast fashion dai combustibili fossili” traccia un quadro poco edificante del settore: basti pensare che dalle 62 milioni di tonnellate di abiti prodotti nel 2015 è prevista una produzione fino a 102 milioni di tonnellate entro il 2030. Questo si traduce nel massiccio utilizzo di fibre sintetiche a basso costo, nel consumo estensivo di risorse quali l’acqua; nell’inquinamento del suolo fino alla produzione di CO2 che, sempre secondo le previsioni di questa analisi, aumenterà del 60% nei prossimi 10 anni.
La svolta green, verso una produzione ecosostenibile, tracciabile e responsabile anche nel settore del lusso è comunque una buona notizia per il pianeta, un buon esempio anche per chi un domani vorrà diventare uno stilista e un trend che è imprescindibile per i designer che iniziano a farsi strada in questo settore. Una scelta per i marchi più noti che forse è stata accelerata anche dall’utilizzo di testimonial a loro volta attenti a queste tematiche.
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Fonti: Valentino; Change Markets Foundation; Nazioni Unite per il clima
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