La green economy è sempre più presente nella nostra vita. La riduzione dell’impatto ambientale, lo sviluppo sostenibile, le energie rinnovabili, la riduzione dei consumi, il riciclaggio dei rifiuti sono diventati ormai temi fondamentali nella vita di tutti i giorni. Può sembrare solo una moda ma l’osservazione dei cambiamenti climatici ci fa riflettere sempre di più sui nostri comportamenti.
Dall’inizio del secolo il settore della moda è in costante crescita favorendo una produzione veloce e di scarsa qualità. È stato stimato che tra il 2000 e il 2015 la vendita di abbigliamento sia addirittura raddoppiata.
A causa sia dei materiali che dei processi utilizzati, nonché della grande quantità di rifiuti prodotta dagli scarti di lavorazione e dall’invenduto, quello della moda risulta essere uno dei settori più inquinanti. Studi in merito hanno evidenziato che il settore dell’abbigliamento sai la seconda industria più inquinante, subito dopo quella del petrolio. Tutto ciò produce conseguenze ed impatti non trascurabili, danneggiando fortemente l’ecosistema.
Le emissioni di CO2 derivanti dalle lavorazioni di tale settore per ora si attestano intorno al 10% delle emissioni globali. Da vari studi condotti in merito è emerso che le emissioni dovrebbero aumentare fino al 60% nei prossimi dieci anni.
Negli ultimi tempi sono nati molti movimenti di protesta contro i cambiamenti climatici. Partiti da giovani studenti sono stati in grado, attraverso la rete, di coinvolgere trasversalmente molte persone. Le manifestazioni che si sono svolte in varie città non solo europee sono state proteste pacifiche, mirate solo a sensibilizzare e a ribadire il problema del cambiamento climatico. Giovanissimi studenti che hanno mostrato un così vivo interesse per il futuro del nostro pianeta hanno portato anche gli adulti a riflettere su ciò che stavano lasciando alle generazioni successive. Mai come in questo momento l’uomo occidentale ha iniziato a prendere coscienza che la sua esistenza si svolga all’interno di un pianeta con una fitta rete di interconnessioni tra tutte le forme di vita presenti.
La battaglia individuale nata da alcuni ragazzi si è poi trasformata in battaglia collettiva assumendo una portata globale. La sensibilizzazione che ne è nata ha influito fortemente sull’opinione pubblica. Si è iniziato così a prestare attenzione ai cicli produttivi di tutto ciò che viene acquistato.
In Italia alcuni produttori, che avevano già interesse per l’ambiente, hanno iniziato a mettere nero su bianco ciò che fanno per appoggiare la sostenibilità globale. È così che ci si imbatte nel Green Manifesto di SCARPA, brand italiano di calzature per lo sport outdoor, che ha da sempre avuto una vocazione green.
Non bisogna stupirsi leggendo dell’impegno programmatico per rafforzare i principi di sostenibilità, perché sono i principi che storicamente contraddistinguono le piccole aziende italiane, evoluzione dell’artigianato, in cui rispetto e desiderio di migliorarsi sono sempre stati al primo posto. Progettare e realizzare un prodotto duraturo, in grado di essere riparato fa sì che venga ridotto l’impatto ambientale non generando rifiuto. Allungare la vita del prodotto riduce i consumi influendo in modo significativo sull’inquinamento dato dalla produzione.
L’innovazione e la sperimentazione di nuovi materiali hanno portato, per esempio, i laboratori SCARPA allo studio di soluzioni eco friendly. E qui i materiali di ultima generazione sono in realtà materiali riciclati o d’origine rinnovabile. L’utente finale, quindi, rimarrà piacevolmente sorpreso dallo studio legato al concetto delle tre “R” della sostenibilità ambientale: risparmio, riuso e riciclo.
È importante preoccuparsi del futuro, ma solo agendo nel presente possiamo trovare una soluzione che ce lo garantisca. E la scelta di ridurre quanto più possibile l’impatto sul pianeta farà stare bene non solo le generazioni future, ma migliorerà anche la nostra qualità della vita.