Rider sfruttati, derubati delle mance e “puniti”, chiusa inchiesta per capolarato nei confronti di Uber commissariata

Chiuse ufficialmente le indagini nei confronti di Uber, accusata di capolarato per lo sfruttamento dei rider per la consegna di cibo a domicilio oltre che per reati fiscali. Lo scorso maggio il Tribunale aveva disposto nei confronti della filiale italiana del colosso americano, il commissariamento di Uber Italy. Un provvedimento, questo, definito storico perché mai preso prima di allora nei confronti di una piattaforma di delivery.

E oggi il Pm di Milano Paolo Storari ha chiuso le indagini, stralciando la posizione difensiva di Uber Italy e fissando il processo per il prossimo 22 ottobre proprio per le condizioni degradanti accertate che subivano i lavoratori, sia riguardo la retribuzione, sia per il trattamento a loro riservato sul posto di lavoro.

I rider del servizio Uber Ets erano “pagati a cottimo 3 euro a consegna, derubati delle mance e “puntiti” attraverso un’arbitraria decurtazione del compenso pattuito qualora non si fossero attenuti alle disposizioni impartite“, si legge nell’avviso di chiusura.

“Davanti a un esterno non dire mai più ‘abbiamo creato un sistema per disperati’. Anche se lo pensi, i panni sporchi vanno lavati in casa e non fuori”.

Queste alcune delle parole utilizzate dalla manager della sede italiana Gloria Bresciani con un altro dipendente e intercettate dagli inquirenti. La Bresciani è una dei 10 indagati, tra cui figurano anche i dirigienti di altre società che lavoravano per conto della Uber Eats e in particolare la Flash Road City e FRC srl, accusati di aver reclutato i riders incaricati di traspoartare a domicilio i prodotti alimentari. Le due aziende avrebbero dapprima assunto i lavoratori presso le loro imprese per poi destinarli al lavoro presso Uber

“in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori, migranti richiedenti asilo, dimoranti presso centri di accoglienza straordinaria e provenienti da zone conflittuali e pertanto in condizione di estrema vulnerabilità e isolamento sociale”

Ora speriamo che giustizia venga fatta e che la vicenda rappresenti un precedente importante con cui arginare fenomeni simili di sfruttamento.

Fonte: Ansa/ La Repubblica

 

 

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