Colloqui di lavoro: conosci il test della tazza di caffè per valutare chi assumere e chi no?

Un imprenditore australiano ha ideato un brillante "test" per valutare il grado di rispetto del bene comune da parte dei potenziali dipendenti

Partecipare a un colloquio di lavoro è un’esperienza che mette alla prova ogni aspetto di noi stessi. Dal linguaggio del corpo alla scelta delle parole, tutto viene valutato con attenzione dal responsabile delle risorse umane. Ogni gesto conta e anche il più piccolo errore potrebbe mettere a rischio la nostra possibilità di ottenere quel posto tanto ambito.

L’ansia di fare buona impressione, però, a volte può giocarci brutti scherzi. Azioni o atteggiamenti che ci sembrano irrilevanti possono rivelarsi sgraditi agli occhi del recruiter e incidere negativamente sul risultato del colloquio.

L’ansia connessa a questo momento così delicato potrebbe farci compiere delle azioni che possono risultare non gradite all’interlocutore che abbiamo davanti, e che possono compromettere così le nostre possibilità di successo lavorativo.

Talvolta accade invece che alcuni selezionatori non si limitano alle domande convenzionali: per valutare attitudini specifiche, possono introdurre dei “micro-test” nel colloquio.

Cos’è il “Test della tazza di caffè” e come funziona?

L’ex amministratore delegato di Xero Australia, Trent Innes, ha rivelato come questo semplice test comportamentale sia stato uno strumento potente per comprendere immediatamente il grado di senso civico e appartenenza dei candidati alla cultura aziendale.

Il test, ribattezzato “Test della tazza di caffè”, è stato condiviso all’interno di un’intervista nel podcast The Ventures, dedicato agli imprenditori e alle loro storie di successo.

La sua applicazione è molto banale. Durante il tour all’interno della sua azienda, Innes porta il candidato anche nell’area della caffetteria, invitandolo a servirsi e a prendere una bevanda qualsiasi – anche solo un caffè. Con la tazza fumante in mano, si ritorna poi in ufficio e lì si conclude il colloquio di lavoro.

Alla fine dell’intervista, Innes osserva il destino della tazza nelle mani del candidato: egli la riporterà nell’area mensa, dimostrando attenzione per il “bene comune”, o l’abbandonerà sulla scrivania con un atteggiamento disinteressato?

Questo gesto, apparentemente insignificante, è per Innes rivelatore di un’attitudine chiave per l’ambiente lavorativo: l’attenzione ai dettagli e il rispetto delle risorse comuni. È una prova di impegno verso il team e verso la cura degli spazi condivisi, un valore fondamentale per molte aziende che desiderano costruire una cultura aziendale solida e positiva.

Innes ha notato che circa il 90-95% dei candidati supera il test riportando la tazza in cucina, ma quel piccolo 5-10% che non lo fa potrebbe perdere l’occasione di lavorare per l’azienda.

Insomma, anche se può sembrare banale, portare una tazza vuota in cucina è un gesto che può fare la differenza tra essere scelti o meno, dimostrando che la cura per i dettagli inizia proprio dai piccoli gesti quotidiani.

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