I nostri ragazzi fuggono dall’Italia: oltre 100mila giovani in due anni sono andati a lavorare all’estero

I numeri dei giovani che vanno a lavorare all’estero è sempre più in crescita a causa di salari bassi, contratti precari, lavoro nero e abuso di stage e tirocini

Il fenomeno della fuga dei giovani dall’Italia è diventato sempre più preoccupante negli ultimi anni, con oltre 100.000 ragazzi che hanno deciso di emigrare solo negli ultimi due anni. Spesso laureati e preparati, si scontrano con una realtà lavorativa fatta di salari bassi, contratti precari e un abuso diffuso di stage e tirocini non retribuiti.

La mancanza di opportunità e l’instabilità del mercato del lavoro italiano sono tra i principali motivi che spingono le nuove generazioni a guardare oltre i confini nazionali, mentre il Paese fatica a trattenere i suoi giovani talenti.

Uno dei problemi più diffusi è la mancanza di posizioni lavorative adeguate per i laureati, che spesso devono accontentarsi di lavori sottopagati o di stage che non offrono reali opportunità di crescita professionale. Molti giovani italiani si trovano a dover scegliere tra accettare condizioni di lavoro umilianti o cercare opportunità all’estero, dove stipendi e condizioni lavorative sono spesso molto migliori.

Il lavoro in nero è un altro grande ostacolo per i giovani italiani. Molti devono dire sì a lavori non contrattualizzati, con paghe misere e condizioni di lavoro spesso al limite dello sfruttamento. Situazioni come questa sono diffuse in tutto il Paese, ma soprattutto al Sud, dove la disoccupazione giovanile è tre volte superiore rispetto al Nord.

Il 35% dei giovani vuole lasciare il Paese

Di fronte a questa situazione, molti giovani vedono l’emigrazione come l’unica via d’uscita. Un’indagine Ipsos che ha coinvolto 1.200 ragazzi rivela che oltre il 35% degli under 30 italiani è pronto a lasciare il Paese, alla ricerca di migliori opportunità lavorative e di una maggiore stabilità economica. All’estero i giovani laureati italiani guadagnano in media il 56,1% in più rispetto a quanto otterrebbero in Italia e una percentuale sempre maggiore ottiene contratti a tempo indeterminato già dopo il primo anno di lavoro.

Nonostante l’Italia sia la seconda potenza manifatturiera d’Europa, solo il 19% dei giovani conosce le opportunità offerte da questo settore. Invece i ragazzi italiani tendono a guardare verso altri ambiti come turismo, moda e tecnologia, attratti da un mercato globale che offre condizioni di lavoro e stipendi più competitivi. Il problema, però, non è solo economico, ma anche culturale: il Paese non riesce a comunicare adeguatamente il suo potenziale industriale e le possibilità di carriera che potrebbe offrire, e questo contribuisce a un disinteresse generale verso certi settori chiave.

Il problema del “brain drain” è particolarmente acuto nel Mezzogiorno, dove l’emigrazione verso il Nord e l’estero ha causato una perdita di talenti senza pari. Il sud non solo perde giovani laureati, ma anche figure professionali ad alto valore aggiunto come medici, ingegneri e specialisti ICT. Questo crea una doppia onda di emigrazione che mette in difficoltà l’intero Paese, con il Nord che cerca di attrarre giovani dal Sud, ma senza riuscire a compensare completamente le partenze.

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