Mala tempora currunt. Il problema è che “currunt” da troppo tempo e si va avanti rattoppando e mai risolvendo davvero i problemi. A discapito dei giovani che poi, ovvio, se la danno a gambe levate
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In Italia i salari reali sono scesi di 12 punti rispetto al 2008, dato peggiore tra i Paesi del G20. È quanto emerge dal nuovo rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro, ILO, secondo cui solo nel 2022 abbiamo perso 6 punti.
Un disastro vero e proprio, se si considera che – soprattutto – sono le famiglie a basso reddito ad avere una spesa in proporzione più alta sui beni essenziali.
Tra le economie avanzate del G20, secondo il rapporto Global Wage Report 2022-23, si stima che nella prima metà del 2022 la crescita dei salari reali sia scesa a meno 2,2%, mentre nei Paesi emergenti del G20 i salari reali siano cresciuti dello 0,8% — il 2,6% in meno rispetto al 2019, l’anno precedente alla pandemia del COVID-19. In più, sono l’Australia e la Corea del Sud a mostrare una crescita dei salari reali significativa nel periodo 2008-22.
Cosa sono i salari reali?
Si tratta del salario che tiene conto dei tassi di inflazione e che determina il potere d’acquisto che l’individuo ha e la quantità di beni o servizi che l’individuo può acquistare date le attuali condizioni di mercato. In altre parole, può anche essere definito come la quantità effettiva di beni e servizi che il dipendente può acquistare con i pagamenti dati dopo che l’inflazione è stata considerata.
Le differenze regionali
Il rapporto mostra che nella prima metà del 2022 l’inflazione è aumentata proporzionalmente più velocemente nei Paesi ad alto reddito rispetto a quelli a basso e medio reddito, determinando le seguenti tendenze regionali dei salari reali:
- nel Nord America (Canada e Stati Uniti), la crescita media dei salari reali si è azzerata nel 2021 ed è diminuita a meno 3,2% nella prima metà del 2022
- in America latina e nei Caraibi, la crescita dei salari reali è diminuita a meno 1,4% nel 2021 e meno 1,7% nella prima metà del 2022
- nell’Unione Europea, dove le misure a tutela del lavoro e i sussidi salariali hanno salvaguardato i livelli occupazionali e salariali durante la pandemia, la crescita dei salari reali è aumentata all’1,3% nel 2021 e diminuita a meno 2,4% nella prima metà del 2022
- in Europa orientale, la crescita dei salari reali è rallentata al 4% nel 2020 e al 3,3% nel 2021, per poi scendere a meno 3,3% nella prima metà del 2022
- in Asia e nel Pacifico, la crescita dei salari reali è aumentata al 3,5% nel 2021 ed è rallentata nella prima metà del 2022 all’1,3%. Se si esclude la Cina dalle stime — considerando il grande peso del paese nella regione — la crescita dei salari reali è aumentata in misura inferiore, dello 0,3% nel 2021 e dello 0,7 % nella prima metà del 2022
- in Asia centrale e occidentale, la forte crescita dei salari reali si è attestata al 12,4% nel 2021, ma è rallentata al 2,5% nella prima metà del 2022
- in Africa, i dati evidenziano un calo della crescita dei salari reali a meno 1,4% nel 2021 e meno 0,5% nella prima metà del 2022
- negli Stati arabi, le tendenze salariali sono incerte, ma le stime indicano una crescita salariale minima che si attesta allo 0,5% nel 2021 e all’1,2% nel 2022
La situazione dell’Italia
Secondo l’indagine sono l’Australia e la Corea del Sud a mostrare una crescita dei salari reali significativa nel periodo 2008-22, mentre Italia, Giappone e Regno Unito sono gli unici Paesi nel campione di economie avanzate del G20 dove i salari nel 2022 sono al di sotto del loro valore reale nel 2008.
I salari reali nel 2022 – si legge nel rapporto – valevano il 12%, il 2% e il 4% meno che nel 2008 in Italia, Giappone e Regno Unito, rispettivamente.
In tutto ciò, come è ovvio, si rende evidente la riduzione del potere d’acquisto della classe media, che va a danno delle famiglie a basso reddito. Il Covid prima e l’inflazione poi hanno pesantemente condizionato il potere d’acquisto, portando nel 2022 ad un calo dei salari di circa lo 0,9% a livello globale.
Come fare? Bella domanda. Come ancora si legge nel report:
L’impatto dell’inflazione sul costo della vita è maggiore per i lavoratori a basso reddito. Questo gruppo di lavoratori utilizza la maggior parte del reddito disponibile in beni e servizi essenziali, che in genere subiscono aumenti di prezzo maggiori rispetto ai beni non essenziali.
Ciò che ci preoccupa di più, dunque, è che l’inflazione eroda velocemente il valore reale dei salari minimi in molti Paesi. Peccato che no, in Italia, ha appena detto no all’introduzione del salario minimo.
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Fonte: ILO
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