Il coworking non è vantaggioso come sembra: uccide la creatività e distrae i dipendenti. Lo studio

Lavorare in ambienti di coworking favorirebbe distrazioni e diminuzione della produttività nel lungo periodo, almeno per alcuni settori

Il coworking è un termine che è letteralmente esploso negli ultimi anni: si tratta, in pratica, di condividere l’ufficio o l’ambiente di lavoro con altre persone che, diversamente da un normale ufficio, non svolgono i nostri stessi compiti e molto spesso non lavorano neppure per la nostra stessa azienda.

Freelance, liberi professionisti, imprenditori, ma anche dipendenti che grazie alla pandemia hanno scoperto lo smartworking e la possibilità di lavorare da qualsiasi luogo: ecco la platea delle persone che si riuniscono negli uffici di coworking per risparmiare sull’affitto, condividere l’esperienza lavorativa, conoscere nuove persone e sentirsi meno soli.

Secondo i promotori di questo sistema lavorativo, il coworking favorirebbe lo sviluppo della creatività e la connessione di idee – motivo per cui gli uffici di coworking sono così diffusi soprattutto negli Stati Uniti. Tuttavia, un recente studio parrebbe mettere in dubbio i benefici del condividere il proprio spazio di lavoro con altre persone.

I ricercatori sono entrati in uno degli spazi di coworking più importanti d’Europa: il Level 39 di Londra, che offre ospitalità soprattutto ai dipendenti che vengono dai settori della tecnologia e del Digital Finance.

In particolare, si sono concentrati sui dipendenti di sette start-up che utilizzano questo spazio comune per lavorare, effettuando interviste alle persone interessate, raccogliendo materiale d’archivio e osservando i dipendenti durante l’orario di lavoro.

Si è visto come, almeno all’inizio, gli spazi condivisi abbiano contribuito a stimolare la fraternizzazione tra i dipendenti delle varie start-up – anche grazie alle interazioni informali nelle aree comuni (cucina comune, lounge e aree per la pausa), che hanno facilitato i primi passi di una pratica collaborativa.

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Tuttavia, nel lungo periodo, lavorare in modalità coworking sembra essere deleterio: i dipendenti sembravano essere più distratti dalla presenza di altre persone non coinvolte nel loro stesso progetto, e le diverse organizzazioni dello spazio erano un motivo di allontanamento dal focus del proprio lavoro.

Delle sette start-up, tre hanno finito per lasciare lo spazio di coworking, sostenendo che i vantaggi degli spazi collaborativi non sono durati nel tempo e che i continui cambiamenti dell’ambiente di lavoro, dovuti anche all’arrivo dei dipendenti provenienti da altre aziende, sono stati fonte di distrazione.

Insomma, l’ambiente di lavoro è un equilibrio molto delicato, e le continue interferenze che si verificano quando si è in modalità coworking rappresentano delle minacce ad esso. Magari, ipotizzano gli autori dello studio, molto dipende anche dal tipo di aziende e di progetti che convivono nello stesso spazio di lavoro.

Aziende che si occupano di grafica, creatività, generazione di contenuti per il web, ma anche associazioni no-profit, potrebbero continuare a beneficiare della “interferenza” di altri dipendenti per lo sviluppo di idee innovative e creative – anche nel lungo periodo.

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Fonte: Organization

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