Quando si dice fuga dei cervelli: anche Stellantis cerca ingegneri in Paesi esteri, il cui lavoro costi anche di meno
A due giorni dalla Festa del 1 maggio, una notizia un po’ sconvolge e avvilisce: Stellantis, il gruppo automobilistico che ingloba tra le altre anche la nostra (ormai ex) italianissima Fiat, ha iniziato a portare in Paesi a basso costo anche la progettazione delle automobili.
Non solo, quindi, delocalizzazione delle fabbriche: spostare la “progettazione delle automobili” comporta che le assunzioni della maggior parte degli ingegneri avverranno in altri Paesi come il Marocco, l’India o il Brasile, dove il costo dei dipendenti è attorno ai 50mila euro all’anno (o meno): solo un quarto degli stipendi statunitensi e francesi.
A farlo sapere è Bloomberg, secondo cui il gruppo franco-italiano si starebbe strategicamente muovendo nel tentativo di ridurre i costi per far fronte al rallentamento della domanda di veicoli elettrici e alla competizione sui prezzi, che spinge a portare sul mercato veicoli più alla portata delle tasche dei consumatori.
Come si legge sul Bloomberg, il gruppo figura ad oggi tra i costruttori più aggressivi nella campagna di reclutamento in Paesi a basso costo, dai quali punta ad estrarre nel lungo termine circa due-terzi dei suoi ingegneri: . Di fronte alla concorrenza a basso costo e alla domanda in calo, Stellantis sta cercando di ridurre i costi (nel contempo, costruttori come Tesla e Volkswagen stanno tagliando posti di lavoro e spostando parte della produzione in luoghi più economici).
Un marcato processo di delocalizzazione
Secondo dati T&E, Transport & Environment, all’Italia andrebbe solo il 22% della produzione. Se nel 2022, in Italia si è assemblata circa la metà (48%) delle 510 mila Fiat prodotte – con il restante suddiviso tra Turchia (26%), Polonia (25%) e Serbia (1%) – all’orizzonte si profilerebbe un’ulteriore tendenza alla delocalizzazione. Le previsioni di GlobalData suggeriscono che la maggior parte dei veicoli FIAT prodotti al 2030 sarebbero assemblati in Serbia (34%); alla Turchia, cui andrebbe il 25% della produzione, seguirebbe l’Italia (22%), dove si produrrebbe solo la 500 elettrica (ma qui l’assemblaggio sarà fermo per tutto il mese di maggio, creando ovviamente malcontenti a Mirafiori). La parte residua della produzione sarebbe distribuita tra Polonia (15%) e Algeria (4%).
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