Temptation Island: quando la violenza sulle donne è servita, normalizzata e romanzata in prima serata

Temptation Island manda in onda storie di violenza di genere come se niente fosse: quella di Federica e Alfonso è una storia di violenza.

Temptation Island è sempre stato quel che è: una vetrina di relazioni disfunzionali, di uomini abusanti e donne vittime di quella che abbiamo sempre chiamato – con un certo pressappochismo – gelosia. Il più delle volte, si è rivelata essere ben altro, ovvero violenza, ma probabilmente non avevamo gli strumenti per riconoscerla e la consapevolezza di doverla chiamare col suo nome.

Negli ultimi anni, il tema della violenza sulle donne si è infittito di storie drammatiche, di omicidi che abbiamo imparato a definire femminicidi, perché ne abbiamo compreso la matrice, che è culturale, e di episodi che, fino a poco tempo fa, non sembrava potessero e dovessero rientrare nella macro categoria della violenza.

Storie come quella di Giulia Cecchettin o di Giulia Tramontano ci hanno spiegato, ad esempio, come i vari episodi di violenza sulle donne non possano essere considerati fatti isolati, ma vada osservato ciò che c’è alla base: la cultura dello stupro.

Cosa vuol dire cultura dello stupro?

L’espressione “cultura dello stupro” si riferisce a una “cultura” nella quale la violenza di genere è molto diffusa, minimizzata e normalizzata. Ma c’è di più: non solo la violenza in sé, fanno parte di questa cultura anche gli atteggiamenti e le pratiche che la giustificano o la incoraggiano.

Nello specifico, fa riferimento a una serie di comportamenti di cui siamo colpevoli (spesso inconsciamente perché assuefatti da una società maschilista): l’utilizzo di un linguaggio misogino, l’oggettivazione del corpo delle donne, la stigmatizzazione dei comportamenti sessuali delle donne e, soprattutto, la colpevolizzazione della vittima quando subisce un abuso. Questa cultura, insomma, dà alla vittima la responsabilità della violenza che ha subito (di qualsiasi violenza si tratti, sia fisica che psicologica).

Temptation Island sdogana la violenza sulle donne in tv

E veniamo a Temptation Island. Nella prima puntata della nuova stagione, andata in onda ieri sera, abbiamo conosciuto Federica e Alfonso. Lei, vent’anni, è fidanzata con lui da quando ne aveva dodici (da quando, quindi, era una bambina). Lui non le ha mai permesso di fare cose normali come andare a mangiare una pizza con le amiche. Il motivo? La gelosia. Lui non pensa di sbagliare e accetta di partecipare a Temptation Island per capire se possa fidarsi di lei, cioè se può consentire alla sua fidanzata, che è – quindi – una sua proprietà, di fare cose per cui non dovrebbe (ovviamente) nemmeno chiedere il permesso.

Si parla tanto di violenza sulle donne, si invitano le donne a denunciare, a scappare già di fronte al primo caso di sopraffazione, di prevaricazione, le si invita a fare attenzione alla violenza psicologica, che non è meno grave e pericolosa di quella fisica. E poi? Poi va in onda un programma che romanticizza la violenza, perché di questo si tratta.

Tutto ciò è estremamente pericoloso, perché il pubblico di Temptation è molto giovane e non ha gli strumenti per comprendere che storie come questa non hanno nulla di romantico. C’è un uomo che prevarica, che umilia, che tratta la fidanzata, che ha appena vent’anni ed è una vittima, come fosse un oggetto. Non c’è alcuna coppia, perché non c’è alcun rapporto paritario: c’è, semmai, una violenza, che avviene sotto gli occhi di tutti. E, da ieri sera, sotto gli occhi di milioni di italiani.

Vogliamo girarci ancora dall’altra parte e dire che è violenza solo quando la vittima perde la vita, che la violenza di genere non ha radici ed è un fatto isolato, che la gelosia (e gelosia, in questo caso, non è) è una prova d’amore, che a Temptation Island sono tutti attori (anche se fosse, cosa cambierebbe? Comunque va in scena una storia di violenza), che Temptation Island può essere formativo? In che modo una trasmissione, che manda in onda una storia di violenza come se niente fosse, può formare una massa indistinta di persone (quattro milioni di telespettatori, nello specifico), senza fornire gli strumenti per comprendere che non solo non è normale, ma è persino pericoloso il comportamento dei suoi protagonisti? Ma, soprattutto, la gente ha davvero bisogno di Temptation Island per formarsi sul tema della violenza di genere? Siamo ridotti così male?

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