Vi spieghiamo perché Paolo Conte può (e deve) cantare e suonare alla Scala

Paolo Conte si esibirà il 19 febbraio al Teatro alla Scala di Milano, presentando una scaletta ad hoc con il suo ensemble di strumentisti. Nonostante lo spessore di questo Artista e il tutto esaurito, però, a qualcuno la scelta di un concerto di Conte in un luogo d’eccellenza della musica lirica e classica non è andata giù.

Il prossimo 19 febbraio il cartellone dei Concerti Straordinari del Teatro alla Scala di Milano si apre con un evento fuori dagli schemi della consueta musica lirica e classica. Il cantautore e polistrumentista Paolo Conte, infatti, presenterà una scaletta pensata appositamente per l’occasione insieme al suo ensemble di strumentisti. E già si registra il tutto esaurito. Ma soprattutto c’è chi chiede di annullare il concerto.

In realtà non è la prima volta che il Piermarini accoglie artisti provenienti da altri generi musicali, ma è la prima volta in assoluto che sceglie un artista italiano. Un riconoscimento che Paolo Conte, grazie alla sua statura iconica che ha raggiunto nel panorama musicale del nostro Paese, sicuramente merita.

A ciò si aggiunge il fatto che Conte è apprezzato anche e soprattutto a livello internazionale. Sono tanti i quotidiani che hanno lodato le sue caratteristiche ed i suoi brani. Il New York Times ha parlato di una “voce ruvida da fumatore”, con uno “stile pianistico che spazia dall’honky-tonk al tango palace” cui si associa una “visione del mondo da consumato romantico”.

Il Wall Street Journal l’ha paragonato ad un altro grande italiano, scrivendo che ascoltare le sue canzoni è come “sentire nelle orecchie un film di Fellini”. E ancora Le Figaro lo ha riconosciuto come “un’istituzione senza aver cercato di diventarlo”.

Chi e perché non vuole che Paolo Conte si esibisca alla Scala

Eppure, nonostante gli elogi esteri per il rilievo di Paolo Conte, a qualcuno il suo concerto alla Scala già sold out non è proprio andato giù. C’è chi ha parlato persino di uno “schiaffo alla storia del Teatro”. Parliamo di Piero Maranghi, editorialista de Il Foglio ed editore del canale Classica HD su Sky.

Maranghi, pur sostenendo che Paolo Conte sia il suo cantautore preferito, proprio non vuole sentir parlare di una sua presenza alla Scala. In una lettera indirizzata direttamente a Conte, gli ha intimato di spostare il concerto altrove per non dare il via ad una “autorizzazione a procedere”, sdoganando la musica pop in un palcoscenico come quello della Scala.

A suo dire il Piermarini non ha bisogno “di Paolo Conte o di Mina o di Bob Dylan per essere quello che è”. Secondo Maranghi, Conte non darebbe nulla alla Scala ma solo a se stesso. Per questo lo ha esortato a chiedere Piazza della Scala al Comune per la primavera, lasciando perdere l’esibizione all’interno del Teatro altrimenti ne andrebbe della “tradizione meneghina e del suo simbolo più luminoso”.

Perché invece ne ha più che diritto

Il turbine social e non social che è seguito alla pubblicazione di questa lettera è stato immenso. Ciò ha costretto Il Foglio a fare un passo indietro, dando spazio alla posizione diametralmente opposta del critico d’arte e Sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi. La frittata, però, ormai era fatta. Le critiche alla richiesta di Maranghi (e a chi si è “permesso” di pubblicarla) non si contano.

Come si può chiedere ad un Artista con la A maiuscola come Paolo Conte di non esibirsi alla Scala perché qui può esibirsi solo un certo “tipo” di musica? Come se la musica di Paolo Conte e l’Artista in sé non fossero all’altezza di questo luogo.

Stiamo parlando di un cantautore, musicista, jazzista, pittore, avvocato, jazzista che con la sua musica e le sue parole ha profondamente innovato il panorama musicale italiano. Basti citare il suo brano più nazionalpopolare, Azzurro, che ha fatto la nostra Storia e che è conosciuto da tutte le generazioni in tutto il mondo.

Eppure Conte si era già esibito al San Carlo di Napoli, uno dei teatri d’opera più antichi al mondo, con un successo incredibile e senza alcuna polemica senza nulla togliere – ma anzi aggiungendo e molto – alla sacralità di quel luogo. A Milano, invece, si dice “no” al simbolo del miglior cantautorato italiano accusato di non dare nulla in un luogo di eccellenza della musica. L’unico spettacolo davvero aberrante, qui, ci sembra sia questa polemica insensata.

Sulla questione si è espressa anche la direttrice d’orchestra Gianna Fratta sui social:

 

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