Siamo andati al cinema a vedere “Il robot selvaggio”, la recensione del cartone che esalta la diversità e la natura fino alle lacrime

“Il robot selvaggio” racconta l’avventura di un robot che si ritrova su un’isola remota e deve convivere con la fauna locale, in un immaginario che ricorda quelli di Miyazaki

Il film d’animazione Il robot selvaggio, prodotto dalla DreamWorks e distribuito da Universal Pictures, è una delle pellicole più attese dell’anno. Uscito nelle sale italiane lo scorso 10 ottobre, è diretto da Chris Sanders, già noto per successi come Kung Fu Panda e Dragon Trainer.

Il film è tratto dall’omonimo bestseller di Peter Brown. La trama segue l’avventura del robot ROZZUM 7134, meglio conosciuto come Roz, che si ritrova su un’isola remota dopo un naufragio. In questo nuovo ambiente ostile, Roz dovrà adattarsi e imparare a convivere con la fauna locale, diventando addirittura il genitore adottivo di un’ochetta orfana.

La storia esplora temi universali come l’adattamento, la scoperta di sé e il rapporto tra tecnologia e natura. Il processo creativo che ha portato alla realizzazione del film è stato caratterizzato da un’attenzione particolare al design visivo, capace di mescolare diverse influenze artistiche.

Da una parte la tecnologia, dall’altra la natura selvaggia

Sanders e il suo team hanno cercato di creare uno stile che combinasse l’immaginario del regista giapponese Hayao Miyazaki, noto per opere come Il mio vicino Totoro, e la pittura impressionista, ispirata ai lavori di Claude Monet. Questo ha permesso loro di dare vita a un mondo visivamente affascinante, in cui la tecnologia del robot si scontra e si integra con la natura selvaggia dell’isola.

Per rappresentare questo contrasto, gli artisti della DreamWorks si sono ispirati a due mondi molto diversi: quello iper-tecnologico e futuristico della Universal Dynamics, l’azienda che ha creato Roz, e quello della natura incontaminata dell’isola.

Mentre il design del mondo umano è stato fortemente influenzato da artisti di fantascienza come Syd Mead, noto per i suoi lavori in Blade Runner, l’isola selvaggia è caratterizzata da un’estetica organica, dinamica e in continua evoluzione.

Un aspetto interessante del film è la trasformazione del personaggio di Roz, il cui design evolve in parallelo con la sua crescita emotiva. All’inizio, il robot appare come una macchina fredda e precisa, ma con il tempo, a contatto con la natura, il suo aspetto diventa più “umano”, mostrando graffi e segni di usura, simbolo del suo adattamento all’ambiente naturale.

L’integrazione tra design e narrazione è uno dei punti di forza de Il robot selvaggio, un film che esplora le connessioni tra esseri viventi e natura attraverso un’estetica innovativa e una storia toccante. Una pellicola adatta per tutta la famiglia che veicola messaggi importanti come la solidarietà, l’importanza non solo di accettare la diversità ma di guardarla come un valore aggiunto e, ovviamente, quanto sia fondamentale preservare le oasi naturali e il loro ecosistema.

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