La star di Killers of the Flower Moon ha accettato il premio parlando in lingua Blackfeet e ha fatto un potente discorso affrontando il tema della storica mancanza di rappresentanza indigena a Hollywood
Lily Gladstone, protagonista del film Killers of the Flower Moon, ha vinto il premio come miglior attrice ai Golden Globes, diventando la prima persona indigena nella storia a ricevere il premio. Proprio per onorare le sue origini, ha iniziato il suo discorso di ringraziamento parlando in lingua Blackfeet. Ha infatti affermato:
Salve a tutti i miei parenti. Il mio nome è Donna Aquila. Sono Blackfeet. Vi amo.
Poi il resto del discorso è stato pronunciato in inglese, ma anche in questo caso non ha dimenticato di rivendicare con orgoglio il suo essere Blackfeet.
Sono qui con mia madre, che, anche se non è Blackfeet, ha lavorato instancabilmente per far entrare la nostra lingua nelle nostre classi, in modo che io avessi un’insegnante di lingua Blackfeet quando sono cresciuta.
Gladstone, che ha origini Blackfeet e Nez Perce, ha trascorso i suoi primi anni di vita nella riserva Blackfeet del Montana prima di trasferirsi a Seattle. Nel film che l’ha portata alla vittoria, Mollie è una donna Osage la cui famiglia viene uccisa dopo la scoperta del petrolio sulla terra della Nazione Osage in Oklahoma, negli anni ‘20.
La Gladstone è solo la seconda attrice indigena nella storia dei Globes a ricevere una nomination. La prima, Irene Bedard, è stata nominata per il suo ruolo nel film TV Lakota Woman: Assedio a Wounded Knee nel 1995.
La storica mancanza di rappresentanza indigena a Hollywood
Secondo un recente rapporto dell’Annenberg Inclusion Initiative della University of Southern California, che ha fatto un inventario di 1.600 film di successo degli ultimi 16 anni, meno di un quarto dell’1% di tutti i personaggi parlanti erano nativi americani e un quarto di queste parti erano interpretate da attori non nativi.
Un tema trattato anche dalla Gladstone che, durante il suo discorso, ha sottolineato la storica mancanza di rappresentanza indigena a Hollywood. Ha sostenuto:
Sono così grata di poter parlare anche solo un po’ della mia lingua, che non conosco bene, qui, perché in questo settore gli attori nativi erano soliti pronunciare le loro battute in inglese e poi i tecnici del suono le mandavano al contrario per rendere le lingue native sulla telecamera.
La Gladstone ha anche concluso il suo discorso sostenendo l’importanza della rappresentazione degli indigeni sul grande schermo:
Questo è per ogni piccolo rez kid, ogni piccolo urban kid, ogni piccolo Native kid là fuori che ha un sogno che si vede rappresentato e che vede le nostre storie raccontate da noi stessi, con le nostre parole, con enormi alleati e un’enorme fiducia reciproca.