Il Sudan vieta le mutilazioni genitali femminili. Solo nel paese, quasi il 90% delle donne tra i 15 e i 49 anni le subisce. E' una vittoria storica
È un momento storico in Sudan. Una nuova legge criminalizza le mutilazioni genitali femminili, una pratica dannosa che purtroppo viene effettuata ancora su 9 donne su 10. Il Sudan entra in nuova era per i diritti delle bambine e delle ragazze.
Nei giorni scorsi, il nuovo governo del Sudan ha messo al bando la pratica delle mutilazioni genitali femminili, una mossa salutata come una grande vittoria da parte delle attiviste per i diritti delle donne. Stima l’Onu, che l’88% delle donne sudanesi tra i 15 e i 49 anni sono state sottoposte alla forma più invasiva della pratica, che comporta la rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni. La maggior parte delle donne sudanesi subisce quella che l’Organizzazione Mondiale della Sanità chiama circoncisione di tipo III, una forma estrema in cui vengono rimosse le labbra interne ed esterne, e di solito il clitoride.
La credenza tradizionale in Sudan è che tagliare i genitali esterni di una ragazza garantisca l’onore della famiglia e le prospettive nel matrimonio. Tuttavia, la mutilazione può causare infezioni e, nei casi peggiori, infertilità o complicazioni durante il parto e perfino la morte. Inoltre riduce notevolmente il piacere sessuale. L’uso della pratica in Sudan era stata una delle ragioni per cui i ricercatori della Thomas Reuters Foundation avevano classificato il paese come uno dei peggiori paesi per i diritti delle donne.
Una novità che arriva grazie alla modifica di emendamento del cosiddetto Criminal Act, approvata la scorsa settimana dal governo di transizione del paese, salito al potere solo l’anno scorso in seguito alla cacciata del dittatore di lunga data Omar Hassan al-Bashir. Con la nuova legge chi effettua mutilazioni genitali femminili rischia una pena pari a tre anni di carcere e una multa.
“Questo è un grande passo per il Sudan e il suo nuovo governo”, ha detto Nimco Ali della Five Foundation, un’organizzazione che si batte per la fine delle mutilazioni genitali a livello globale. “L’Africa non può prosperare se non si prende cura di ragazze e donne”
Le mutilazioni genitali sono praticate in almeno 27 paesi africani, nonché in alcune zone dell’Asia e del Medio Oriente. Oltre al Sudan e all’Egitto, è stata confermata anche in Etiopia, Kenya, Burkina Faso, Nigeria, Gibuti e Senegal.
In Nigeria sono state vietate nel 2015.
Seguendo l’esempio nigeriano, anche il Gambia lo ha fatto poco dopo.
“La legge aiuterà a proteggere le ragazze da questa pratica barbara e consentirà loro di vivere con dignità”, ha detto Salma Ismail, portavoce di Khartoum per il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia. “E aiuterà le madri che non volevano tagliare le loro ragazze, ma sentivano di non avere scelta, di non poter dire” no “.”
Il ministero degli Affari esteri sudanese ha accolto con favore la decisione spiegando che si tratta di “un importante sviluppo positivo” ma la piena applicazione di questa legge richiede sforzi concertati e uno stretto coordinamento con i gruppi comunitari e le organizzazioni della società civile.
“Non si tratta solo di riforme legali”, ha affermato Ismail. “C’è molto lavoro da fare per garantire che la società la accetti”.
L’approvazione della legge che vieta le mutilazioni infatti non basterà a porre fine alla pratica, che in molti paesi tra cui il Sudan è intrisa di credenze culturali e religiose, considerata un pilastro della tradizione e del matrimonio e sostenuta persino da alcune donne.
“Questa pratica non è solo una violazione dei diritti di ogni bambina, è dannosa e ha gravi conseguenze per la salute fisica e mentale di una ragazza”, ha aggiunto Abdullah Fadil, rappresentante dell’Unicef in Sudan. “Ecco perché i governi e le comunità devono agire immediatamente per porre fine a questa pratica. Dobbiamo lavorare molto duramente con le comunità per farla rispettare. L’intenzione non è quella di criminalizzare i genitori e dobbiamo impegnarci maggiormente per sensibilizzare i diversi gruppi, tra cui ostetriche, operatori sanitari, genitori, giovani sull’emendamento e promuoverne l’accettazione, ha affermato Abdullah Fadil.
Una vittoria formale che deve presto diventare reale.
Fonti di riferimento: DabangaSudan, The New York Times, Onu, Unicef
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