In Colombia dilaga la violenza. Nel 2020 sono stati uccisi oltre 375 indigeni difensori dei diritti umani e dei loro territori.
Sono numeri allarmanti quelli che provengono dalla Colombia, in cui nel 2020 sono state uccise 375 persone, soprattutto indigeni, semplicemente per aver difeso i diritti umani, l’ambiente e le loro comunità.
Ad accendere i riflettori su questa strage silenziosa in atto in America Latina è l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr), Michelle Bachelet, che ha condannato fermamente “l’aumento della violenza perpetrata da gruppi armati non statali, gruppi criminali e altri elementi armati in Colombia, contro contadini, indigeni e afro-colombiani”.
🇨🇴 #Colombia: UN Human Rights Chief @mbachelet condemns heightened violence in remote areas and calls on State authorities to take concrete actions to effectively protect the population. Learn more: https://t.co/ZZvqfpdwbm pic.twitter.com/DnPDmFP9l0
— UN Human Rights (@UNHumanRights) December 15, 2020
Per fermare gli atti di violenza, Michelle Bachelet, ex presidente del Cile (prima donna a ricoprire questa carica nel Paese) si è rivolta quindi alle autorità statali, chiedendo di intraprendere azioni concrete finalizzate a proteggere efficacemente la popolazione delle aree rurali:
“È tragico vedere così tante persone essere vittime di violenze persistenti in tutto il Paese. Oltre a queste uccisioni, le vittime ovviamente includono coloro che sono rimasti, che rimangono quasi completamente indifesi. Chiedo alle autorità colombiane di adottare misure più forti e molto più efficaci per proteggere la popolazione da questa orrenda violenza. È dovere dello Stato essere presente in tutto il Paese, attuando un’ampia gamma di politiche pubbliche globali, non solo con misure drastiche contro i responsabili della violenza, ma anche fornendo servizi di base e salvaguardando i diritti fondamentali della popolazione. È urgente che la Comisión Nacional de Garantías de Seguridad sviluppi una politica pubblica per smantellare le organizzazioni criminali che sono state nominate successori del paramilitarismo e le loro reti di supporto, come specificamente richiesto nell’accordo di pace di 2016”.
Il bilancio delle vittime in Colombia
Le vittime della violenza dilagante, che ormai dopo decenni sembra essersi normalizzata in Colombia, sono soprattutto indios e afro-colombiani che difendono i loro territori, le loro comunità. Vengono attaccati principalmente da gruppi armati non statali, bande criminali legate al narcotraffico e altri elementi armati che spesso collaborano tra loro e con le Forze Armate statali.
Finora, nel 2020 l’Oficina de la Onu para los Derechos Humanos en Colombia ha documentato in 18 dipartimenti del Paese 66 massacri, in cui hanno perso la vita 255 persone. Inoltre, l’Onu ha ricevuto informazioni sull’assassinio di 120 difensori dei diritti umani.
Lo scorso luglio Carlos Ruiz Massieu, a capo della Misión de Verificación de la Onu en Colombia, aveva denunciato al Consiglio di sicurezza dell’Onu l’uccisione di ex combattenti delle Farc (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia), difensori dei diritti umani e leader comunitari, ritenendo queste violenze la più grave minaccia per la pace del Paese. Dalla storica firma degli Accordi di pace del 2016 sono stati documentati ben 244 omicidi di ex combattenti delle Farc.
Ma il bilancio reale delle vittime potrebbe essere ancora più elevato, come suggerito dalla portavoce dell’Ohchr, Marta Hurtado:
“I dati delle Nazioni Unite includono solo gli omicidi che erano stati segnalati alle Nazioni Unite, e il numero effettivo di morti è probabilmente più alto, considerando gli ostacoli creati dalla pandemia di Covid-19. I gruppi sospettati di essere responsabili delle uccisioni stanno cercando di ottenere il controllo di aree remote prive di servizi governativi come la sanità pubblica e l’istruzione. Il governo della Colombia dovrebbe estendere i servizi pubblici a questi luoghi”.
Uno dei popoli indigeni maggiormente colpiti è quello dei Nasa, con 66 indios assassinati nel 2020 nella regione del Norte del Cauca. La strage più recente risale al 5 dicembre, quando 5 persone, tra cui un ex combattente delle Farc in via di reinserimento, sono state assassinate nel corso di due attacchi da parte di milizie armate di destra che gestiscono il traffico di cocaina. Inoltre, quello stesso giorno, 24 leader e autorità del popolo Nasa hanno ricevuto minacce di morte.
Un altro recente attacco è avvenuto il 3 dicembre nel dipartimento di Chocó, dove è stato assassinato il leader indigeno Miguel Tapi Rito. L’assalto armato ha costretto circa 900 persone della sua comunità, in maggioranza donne, bambini e ragazze, a fuggire in una città vicina, dove hanno chiesto la protezione delle autorità statali.
La violenza in Colombia è ormai all’ordine del giorno e a farne le spese sono quasi sempre le fasce più vulnerabili della società. “Purtroppo, la violenza è stata normalizzata in Colombia dopo decenni di conflitti armati, e nessuno dovrebbe accettarlo” ha dichiarato Michelle Bachelet, appellandosi alle istituzioni affinché la pace nel Paese non resti soltanto teoria ma si trasformi in pratica.
Fonte: OHCHR
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