“Violano i diritti delle donne e inquinano il Pianeta”, più di 100 calciatrici scrivono alla FIFA contro l’Arabia Saudita e gli sponsor fossili

Più di 100 calciatrici in tutto il mondo, c’è anche l’italiana Linari, appartenenti alle federazioni di 25 Paesi, hanno creato una sorta di class-action contro il regime autocratico dell’Arabia Saudita

Non si piega, il mondo femminile, al Dio denaro. Non lo fa nella vita di tutti i giorni, non lo fa nello sport, nemmeno quello super agonistico, in cui si sgomita per arrivare a giocare un torneo che vale milioni di dollari.

Negli ultimi tempi c’è l’usanza, soprattutto per il calcio giocato (ma gli esempi sono ormai infiniti), di “svendersi” al miglior offerente. E questo miglior offerente è, contro ogni regola del “bello dello sport”, l’Arabia Saudita, una delle regioni più sfacciatamente ricche ad oggi sulla faccia della Terra.

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Un’usanza che si è trascinata con sé una parola che ormai risuona alle orecchie dei più sensibili: sportwashing, quel fattaccio brutto per cui si è va tutti a giocare lì, tra le dune desertiche, lo sfavillio kitsch e artificiale di campi tirati a lustro e l’onda bianca dei vestiti degli arabi tutti maschi negli spalti.

È l’Arabia, diventata negli ultimi anni, dal Mondiale di Qatar 2022 al Six Kings Slam (un torneo al di fuori dei circuiti inventato ad hoc per far piovere soldi in maniera imbarazzante) che si è appena concluso (tra l’altro con la vittoria di Sinner, che ha percepito così “solo” 6milioni di dollari), dalla Formula 1 alle supercoppe calcistiche, la zona sportiva cui pare nessuno fare a meno.

Ma non ci stanno le donne calciatrici, no, proprio no. Soprattutto alla luce del fatto che tutta questa cascata di denaro proviene dalle compagnie petrolifere, che – manco a dirlo – nulla hanno di etico e sostenibile.

Accade, quindi, che ben 120 calciatrici professioniste (tra le firmatarie c’è anche Elena Linari, 30 anni, che gioca nel ruolo di difensore in forza alla Roma e alla Nazionale azzurra) si siano riunite per chiedere alla FIFA di chiudere l’accordo di sponsorizzazione con Saudi Aramco.

Aramco è la più grande compagnia petrolifera e del gas di proprietà statale del mondo, che – due più due – ha un ruolo di prim’ordine nell’alimentare la crisi climatica. Il gigante petrolifero è anche posseduto al 98,5% dall’Arabia Saudita, che ha il record in fatto di violazioni dei diritti umani contro le donne e altre minoranze, inclusa la comunità LGBTQIA+.

Oltre a finanziare il regime saudita, Aramco è uno dei maggiori inquinatori del pianeta che tutti noi chiamiamo casa. Prendendo la sponsorizzazione di Aramco, la FIFA sta scegliendo i soldi rispetto alla sicurezza delle donne e alla sicurezza del pianeta, e questo è qualcosa contro cui noi, come giocatori, ci stiamo opponendo, insieme, dice Jessie Fleming, Capitana della nazionale femminile canadese con 132 presenze.

La loro lettera, dunque, è indirizzata, come si legge, al “regime autocratico che viola in maniera sistematica i diritti delle donne e criminalizza la comunità Lgtbq+

Le autorità saudite – si legge nella lettera – hanno speso migliaia di milioni in patrocini sportivi per tentare di sviare l’attenzione dalla brutale reputazione del regime in materia di diritti umani, ma il trattamento delle donne parla da solo.

Un modo, insomma, di distogliere l’attenzione “dal trattamento dannoso riservato alle donne e al Pianeta”.

L’iniziativa delle calciatrici è stata sostenuta dall’associazione no profit Athletes of world, che si occupa della difesa del Pianeta attraverso “campagne di sostenibilità promosse dagli atleti”. E speriamo che il loro non rimanga solo un grido… nel deserto.

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