Ventotene: l’isola dove in passato venivano esiliate le donne

Oltre al suo legame con la mitologia greca, Ventotene ha una storia affascinante che risale all'epoca romana, quando fu utilizzata come luogo di esilio per personaggi illustri e soprattutto donne

Ventotene, una delle perle delle Isole Ponziane, è celebre per la natura incontaminata, le suggestive grotte e gli incredibili panorami che può offrire. Un luogo ameno naturalmente contrapposto ad un passato tragico e complesso, fatto di esili forzati e e destini amari. Questo lembo di terra sul Tirreno, assieme alla vicina isola di Ponza, è stato infatti un luogo di confino per uomini e donne durante diverse epoche storiche, ma è soprattutto nell’epoca romana che Ventotene ha visto confinare alcune delle figure femminili più controverse e ribelli dell’Impero.

La storia di Giulia, figlia dell’Imperatore

Tra queste donne, la più nota è senza dubbio Giulia, figlia dell’imperatore Augusto. Giulia era una figura controversa, adorata e insieme criticata, protagonista di scandali che ne compromisero la reputazione agli occhi del padre e dell’intera società romana. Nata da Scribonia, seconda moglie di Augusto, Giulia fu educata con rigore dal padre, che ne fece un modello di virtù aristocratica. Tuttavia, la sua vita privata non seguì il percorso che Augusto aveva tracciato per lei.

Promessa sposa già in giovane età, Giulia andò in matrimonio con il cugino Marcello quando aveva solo 14 anni, un’unione infelice che durò poco a causa della prematura morte di Marcello. In seguito, fu costretta a un secondo matrimonio con Agrippa, un amico e generale di Augusto, con il quale ebbe cinque figli, tra cui Agrippina Maggiore. Ma il terzo matrimonio fu forse il più significativo: sposò Tiberio, il futuro imperatore, una scelta politica di Augusto per consolidare il proprio potere.

Nonostante queste alleanze matrimoniali, Giulia non rinunciò a una vita amorosa intensa e controversa. Frequentò diversi uomini, tra cui Iullo Antonio, figlio di Marco Antonio, con cui intesse una relazione pericolosa che sfociò in una congiura per uccidere Augusto e prendere il potere. La trama venne scoperta e i suoi protagonisti puniti severamente: Iullo Antonio fu costretto al suicidio, così come la fedele serva Febe, mentre Giulia venne esiliata a Ventotene, nell’isola di Punta Eolo, dove il padre aveva fatto costruire una magnifica residenza imperiale, Villa Giulia.

La vita in esilio per Giulia fu dura e solitaria. Privata di tutti i lussi, con la sola compagnia della madre Scribonia, visse cinque anni di isolamento in una prigione dorata, priva di vino, di comfort e soprattutto della compagnia degli uomini. Dopo questo periodo di confino sull’isola, Giulia fu trasferita in Calabria, dove trascorse il resto della sua vita in esilio fino alla morte a Reggio Calabria.

Altre storie

Ma Giulia non fu l’unica donna a subire questa sorte. La storia di Ventotene è intrecciata con quella di altre figure femminili dell’Impero Romano, ugualmente ribelli e scomode per il potere costituito. Tra queste, si ricorda Agrippina Maggiore, figlia di Giulia e madre di Caligola, che condivise la sorte della madre e visse anch’essa a Ventotene. Poi c’è Ottavia, la sfortunata moglie di Nerone, che pagò a caro prezzo la sua opposizione al marito e alla sua nuova moglie, Poppea. L’esilio a Ventotene per Ottavia si concluse in tragedia: dopo essere stata torturata, le vennero tagliate le vene e infine la testa, su ordine di Nerone.

Anche Domitilla, nipote di Domiziano, e Livilla, sorella di Germanico e Claudio, furono confinate sull’isola. Entrambe furono accusate di comportamenti considerati immorali o politicamente sovversivi, accuse spesso strumentali per liberarsi di donne potenti e influenti che minacciavano l’equilibrio del potere. Livilla, in particolare, morì di fame su ordine della madre Antonia Minore, che l’aveva accusata di aver avvelenato il marito Druso.

Ventotene e il mito di Ulisse

Secondo la tradizione, Ventotene sarebbe stata una delle isole toccate da Ulisse durante il suo lungo e avventuroso viaggio di ritorno a Itaca. Nell’Odissea, il poema epico di Omero, Ulisse si trovò a navigare vicino a un gruppo di isole abitate dalle sirene, figure mitologiche metà donna e metà uccello (o pesce, secondo altre tradizioni), il cui canto ammaliava i marinai, conducendoli verso la rovina.

Ulisse, consapevole del pericolo, aveva ricevuto consigli dalla maga Circe su come evitare la distruzione: tappò le orecchie dei suoi uomini con cera e si fece legare all’albero maestro della nave, così da poter ascoltare il canto senza poterne cadere vittima. Alcuni studiosi e storici hanno ipotizzato che le isole a cui Omero si riferiva possano corrispondere alle attuali isole Ponziane, con Ventotene al centro di questa leggenda.

Le sirene ed il canto ammaliante

Le sirene, secondo il mito, erano creature affascinanti ma pericolose. Il loro canto, dolce e ipnotico, era capace di attirare i marinai, facendoli naufragare sulle coste rocciose. Si dice che le sirene vivessero su isole deserte, circondate da scogli insidiosi, un paesaggio che si potrebbe associare a quello di Ventotene, con le sue coste frastagliate e i suoi fondali profondi.

L’immagine delle sirene è cambiata nel corso del tempo, passando dalle rappresentazioni originarie, che le raffiguravano come esseri ibridi tra donna e uccello, alle versioni successive, in cui assumono l’aspetto di donne con la coda di pesce. In ogni caso, la natura ammaliatrice e il pericolo che rappresentavano per i marinai sono rimasti costanti.

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