Vanessa Incontrada: perché quella copertina di Vanity Fair non è affatto bellissima

Vanessa Incontrada è la protagonista della nuova cover di Vanity Fair. E indovinate un po' di cosa si parla? Ancora del suo corpo. Ma perché?

In tutta onestà, non so più se Vanessa Incontrada sia vittima o complice. Non so se compatirla o prendermela con lei. Non mi spiego perché accetti di essere solo un corpo. Ha tanti anni di carriera alle spalle, è un’attrice e conduttrice affermata, lavora in tv, al cinema e in teatro, perché accettare di finire su una copertina dove l’accento è posto sui suoi chili e sull’ipocrita «Sei bellissima» (urlato in una sola piazza, mentre lei – imbarazzata – mangiava una mozzarella e chiedeva a Gigi D’Alessio «Perché a me fai mangiare la mozzarella e agli altri ospiti no?»)? Non me lo spiego.

Lei afferma che le critiche sul suo fisico, così come le foto rubate mentre è al mare, non la feriscono, «Rispondo con l’indifferenza», dice. E allora perché accetta l’ennesima copertina (e intervista) in cui si parla del suo corpo? Se è indifferente alle critiche, alle offese, alle foto fatte a sua insaputa e sbattute in prima pagina per mettere in evidenza i suoi chili di troppo (di troppo per chi? Per un modello di bellezza stereotipato e artificiale) perché accetta il compromesso di puntare i riflettori sul suo corpo per parlare (e far parlare) di sé?

E poi, oltre il danno, c’è la beffa: la foto di Vanity Fair è ritoccata. E non parlo dei normali ritocchi di post-produzione. È ritoccata perché anche l’imperfezione che si cerca di sdoganare deve sottomettersi a certi diktat. Vanessa Incontrada, con questa copertina, è vittima due volte: di una società che la vuole diversa, più magra e più in forma, e di una società che finge di volerla così com’è. «Sei bellissima», titola Vanity Fair, ma in prima pagina non c’è l’Incontrada apparsa in tv poche settimane fa. Il gioco, dunque, vale la candela?

La verità è che non si lavora sull’inclusione del “diverso” (in questo caso il corpo di Vanessa), ma lo si mette su un piedistallo, così che gli stupidi possano denigrarlo e gli altri possano dire che è speciale (essere speciali, di fatto, significa essere fuori dall’ordinario, dunque diversi, e il più delle volte lo si dice per pena, non per reale volontà di inclusione). Il “diverso” è ancora carne da macello, ma questo non importa a nessuno.

A quanto pare nemmeno alla Incontrada, che accetta l’ennesima copertina ipocrita per parlare (anche) d’altro. Sì, perché nell’intervista racconta la fine della sua storia d’amore, del figlio, della sua carriera, parla di diritti civili e di politica. Ma perché, dunque, accettare di essere solo un corpo per avere spazio su un settimanale?

All’inizio, la sua battaglia aveva un significato preciso: combattere il body shaming e gli odiatori del web e raccontare la normalità di un corpo che non entra (più) in una taglia 40. Oggi cos’è rimasto? Solo la mercificazione di quel corpo, niente di più. Solo slogan vuoti, frasi retoriche e foto finte, modificate, che non raccontano com’è Vanessa Incontrada, ma come tutti vorrebbero che fosse. E forse, mi viene da pensare, come lei stessa vorrebbe essere.

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