Università e sostenibilità ambientale

International Greening Education Event, una tre giorni di seminari su come sviluppare politiche efficaci di educazione ambientale e coniugare innovazione tecnologica e sostenibilità. E di ecosostenibilità nelle università. In giro per il mondo, per vedere quali sono quelle già ad un livello di sostenibilità avanzato

“Non abbiamo ereditato la Terra dai nostri antenati, ma l’abbiamo presa in prestito dai nostri figli”: questa antica massima attribuita agli Indiani d’America è il motto scelto dagli organizzatori dell’International “Greening Education” Event, una tre giorni di seminari su come sviluppare politiche efficaci di educazione ambientale e coniugare innovazione tecnologica e sostenibilità. Il convegno si terrà il prossimo autunno nella città di Karlsruhe, in Germania, famosa al mondo per gli spazi verdi e per l’attenzione nei confronti della natura e della conservazione del territorio. Tra gli organizzatori dell’evento ci sono l’Etech-Center for Applied Enviromental Technologies, Germany, e Adapt, associazione senza fini di lucro che fa capo all’Università di Modena e Reggio Emilia, a conferma di un interesse sempre più spiccato del mondo accademico nei confronti delle tematiche ambientali. Sono infatti numerose le università che puntano a sensibilizzare gli studenti sul tema dell’ecosostenibilità, spesso coinvolgendoli in progetti concreti, e che tentano di dare il buon esempio all’interno delle proprie strutture, perseguendo l’efficienza energetica, proponendo la raccolta differenziata e, talvolta, incentivando il consumo di cibi biologici nelle mense.

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Qualche mese fa abbiamo trattato della svolta green della Luiss, la prima università italiana ad intraprendere un percorso che mira all’ecocompatibilità e alla sostenibilità: ma, a ben vedere, il noto ateneo romano non è un caso isolato nel panorama internazionale. Basti pensare all’ULSF – University Leader for Sustainable Future, un’associazione internazionale che da quasi vent’anni riunisce quegli atenei che si sono impegnati nel promuovere il rispetto e la tutela delle risorse naturali. Fino ad oggi circa 400 tra rettori e presidenti di istituti di ricerca di tutto il mondo hanno aderito all’iniziativa, sottoscrivendo la Dichiarazione di Talloires, redatta nel 1990, nel corso di una conferenza internazionale tenutasi nel piccolo comune montano di Talloires, in Francia. Si tratta di un documento in dieci punti che cerca di unire l’attenzione e il rispetto nei confronti dell’ambiente alle consuetudini e alle attività di istituti di ricerca ed università, tentando di realizzare tale compenetrazione nei programmi di studio così come nelle strutture, nelle pratiche quotidiane e negli strumenti di lavoro. La Dichiarazione rappresenta una netta presa di posizione di presidi e rettori contro i mali che affliggono il nostro pianeta – l’inquinamento di aria, suolo e acque, la deforestazione, lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali – unita alla proposta, quasi pioneristica all’epoca, di suscitare negli studenti una riflessione sul tema della tutela ambientale, in modo da renderli cittadini più responsabili e consapevoli e creando con il tempo una cultura della sostenibilità.

L’attenzione nei confronti dell’ambiente sembra essere particolarmente alta in alcuni paesi emergenti: basti pensare al Brasile, che si sta affermando come potenza economica e politica e che figura tra i maggiori produttori ed esportatori di prodotti alimentari al mondo. Qui possiamo trovare dipartimenti di agraria, di biologia e di architettura estremamente avanzati e specializzati per quanto riguarda le tematiche ambientali, dall’agricoltura biologica alla bioarchitettura: un buon segno per un Paese che dispone un territorio immenso, spesso oggetto di speculazioni e molto vario dal punto di vista naturalistico. Tra i centri di ricerca più noti e che spesso lavorano in partnership con università europee e nordamericane, favorendo così lo scambio di ricercatori e studenti, ci sono l’Universidade Federal do Rio de Janeiro e l’Universidade Federal de Minas Gerais, a Belo Horizonte, nella regione che si contraddistingue per il primato mondiale nella produzione di caffè. Più unico che raro è invece il caso di Curitiba, capitale dello Stato del Paranà, un’autentica città ecologica, con le sue vastissime aree verdi, un sistema di trasporti pubblici capillare ed efficiente e un approvvigionamento energetico interamente derivato da elettricità e fonti rinnovabili. Qui è nata lUniversidade Livre do Mejo Ambiente, edificata all’interno di una cava dismessa e inaugurata nel 1992 alla presenza dell’oceanografo francese Jacques Cousteau. L’Università Libera dell’Ambiente offre corsi di formazione e di educazione ambientale diversificati e modulati a seconda dei destinatari ed è all’avanguardia negli studi interdisciplinari sui temi della sostenibilità ambientale e urbana e della bioarchitettura.

Dirigendoci a nord del continente americano troviamo invece la piccola realtà della University of Northern British Columbia, che ambisce a diventare la più importante Green University del Canada, nonché la prima ad essere alimentata per la maggior parte da energie rinnovabili. Oltre ad un campus costruito secondo principi di ecosostenibilità e di efficienza energetica, in legno e facendo attenzione a non deturpare il panorama circostante, l’ateneo propone programmi di studio che spaziano dall’ingegneria ambientale alla gestione delle risorse naturali e al management delle foreste, il tutto con lo scopo di creare una maggiore consapevolezza negli studenti e di formare una nuova classe dirigente e una generazione di leader capaci di perseguire l’ecosostenibilità in ogni ambito dell’industria, degli scambi commerciali e della vita civile.

Anche università di fama mondiale hanno scelto di puntare sull’ecosostenibilità: basti pensare ad Harvard, che ha inaugurato un vero e proprio programma green, basato sul riciclo dei rifiuti, sull’efficienza energetica e sulla riduzione degli sprechi. A dimostrazione di un’assunzione di responsabilità e di un impegno crescente delle università e degli istituti di ricerca nei confronti delle tematiche ambientali. Non ci resta che sperare che il mondo accademico possa fungere da battistrada per realizzare davvero una cultura della sostenibilità.

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