Ti è mai capitato di ricevere un prodotto piccolo in una scatola enorme? Ti svelo come Amazon & Co ti ingannano con la “psicologia dell’imballaggio”

Ti sei mai chiesto perché Amazon e altre piattaforme di e-commerce sprechino così tanti imballaggi anche per spedire piccoli articoli? Anche i prodotti più piccoli spesso finiscono in confezioni enormi. Non si tratta necessariamente di negligenza aziendale, ma rimane comunque un grosso problema

Una penna, una cornice o una semplice lampadina in pacchi che potrebbero contenere un servizio di piatti da 12. Cartone e cellophane e poi ancora cartone attorno a quella tua microscopica penna, donandole le dimensioni di un bisonte. Ma perché tanto packaging per prodotti così piccoli?

Una tendenza non solo fastidiosa, ma anche e soprattutto un incubo per la sostenibilità. Più di tre miliardi di alberi vengono abbattuti ogni anno per produrre gli imballaggi a base di carta che finiscono per ingombrare la casa o per riempire oltremodo le campane della spazzatura (della differenziata quando va bene) mentre, secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), i volumi di produzione di imballaggi in carta sono aumentati del 65% negli ultimi due decenni.

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E l’impennata degli acquisti online non fa che peggiorare le cose.

Agli albori dell’e-commerce, [i prodotti] avevano un numero di imballaggi sette volte superiore rispetto a un acquisto fisico – spiega Nicole Rycroft della Canopy Planet, organizzazione ambientale senza scopo di lucro che lavora con le aziende per preservare le foreste in via di estinzione. Ora è circa quattro volte e mezzo tanto, ma si tratta comunque di un sacco di imballaggi eccessivi.

Ma perché succede ciò? Secondo gli esperti, le aziende non sono superficiali né negligenti (o non sempre) nelle scelte e nella discrepanza tra le dimensioni di un prodotto e quelle della scatola contenitrice. In buona sostanza: non è così casuale come potrebbe sembrare.

La psicologia del packaging (e non solo)

Non solo psicologia spicciola che vedremo dopo. Dietro al packaging oltre misura ci sono anche lavoratori che a: non hanno l’opportunità di pensare se non agire meccanicamente; b: devono fare tutto velocemente. Ma questa, ahinoi, è un’altra storia.

Se, infatti, le dimensioni di una scatola vengono determinate utilizzando un software o un algoritmo e spesso le aziende trovano la corrispondenza corretta, come fa notare BBC, è la parte finale del processo di imballaggio, affidata non a robot ma a esseri umani (che devono lavorare in tempi ultrarapidi) che fa in modo che le merci finiscano in contenitori di grandi dimensioni. Ad esempio, un magazzino potrebbe semplicemente non avere abbastanza scatole della giusta dimensione, in quel caso costringerebbe un imballatore a scegliere la migliore alternativa, che spesso è più grande.

Quando ci si affida agli esseri umani e hanno 100.000 ordini da evadere, devono farlo in fretta, afferma Barry Kronhaus, direttore delle vendite e del marketing di Sun Packaging Technologies. Soprattutto quando i clienti pagano le spese di spedizione, aggiunge, non danneggia i profitti dell’azienda optare per la taglia più grande.

In molti altri casi, però, i consumatori sono effettivamente portati ad attribuire più valore ai prodotti che arrivano a casa in contenitori più grandi. Questa è la cosiddetta “psicologia dell’imballaggio“, afferma Rycroft, e alcune aziende la usano a loro vantaggio o almeno non nemmeno sprecano energie per fare in modo che le scatole siano delle dimensioni giuste per il loro contenuto.

Un articolo che arriva in un pacco di grandi dimensioni fa sembrare l’acquisto un buon affare, secondo Amsterbrand Marketing, una società olandese di ricerche di mercato. Quanto alla taglia delle confezioni, infatti, le confezioni di grandi dimensioni aumentano automaticamente il consumo (nel caso del cibo, aumentando così l’epidemia di obesità): in pratica, quando si confrontano i prodotti, i consumatori preferiscono le opzioni più grandi per i prodotti di marca, mentre si orientano verso l’opzione piccola per i prodotti a marchio del distributore.

È interessante notare dunque anche un’altra cosa: le dimensioni dei pacchetti, spiegano gli esperti, innescano due associazioni implicite contrastanti. Da un lato, un imballaggio di grandi dimensioni fa sembrare l’acquisto un buon affare, pertanto, è consigliabile per i prodotti di cui le persone desiderano fare scorta, come snack, bevande analcoliche e carta igienica. D’altra parte, le piccole dimensioni della confezione denotano alta qualità (per cui quando l’identità di un marchio consiste nel fornire una qualità eccellente, è meglio ridurre il cartone).

Ma tutto ciò in termini di sostenibilità?

Male, malissimo. Qualunque sia la ragione alla base della mancata corrispondenza, un imballaggio eccessivo crea un problema sostanziale di rifiuti. Più grande è l’imballaggio, maggiore è la sua impronta di carbonio e maggiore è la devastazione ecologica che può causare.

Mentre le scatole di cartone degli ordini online sono forse il colpevole più visibile, molti settori utilizzano imballaggi di grandi dimensioni, realizzati principalmente in carta e plastica. Canopy stima che l’industria alimentare e delle bevande sia il più grande settore di utilizzo finale per gli imballaggi in carta, con la bellezza e la cura della persona a seguire. E alcuni marchi dell’industria della moda utilizzano tanta fibra nei loro imballaggi quanto nei loro tessuti e abbigliamento, aggiunge Rycloft.

Attualmente, il 54% della cellulosa utilizzata per realizzare gli imballaggi di carta che diventano scatole e riempimenti è realizzata con carta riciclata, secondo i dati forniti da Canopy, ma il problema è che il 43% di quella cellulosa è ancora ricavata da fibra vergine di foresta, il legno nuovo che è stato raccolto per la prima volta. L’organizzazione ha condiviso con la BBC che metà di questa fibra vergine potrebbe provenire da foreste designate come “antiche e in via di estinzione”. Rimane solo il 3% della cellulosa prodotta con fibre ecologiche alternative prive di foreste, come la paglia di grano o la bagassa.

La soluzione, quindi? Scegliere magari il negozio di quartiere e ridurre gli acquisti online proprio al minimo potrebbe essere già un’idea.

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