La Corte D’Appello de l’Aquila ha respinto sette ricorsi delle parti civili, negando ogni risarcimento ai parenti delle vittime del terribile terremoto del 6 aprile 2009 e condannando gli stessi anche al pagamento delle spese legali. La battaglia si sposta ora in Cassazione
Nessuna responsabilità della Presidenza del Consiglio dei ministri per la morte di sette studenti in vari crolli nel terremoto che colpì la città de L’Aquila il 6 aprile 2009: la Corte D’Appello del capoluogo abruzzese ha respinto sette ricorsi delle parti civili, negando ogni risarcimento ai parenti delle vittime, i quali, anzi, dovranno anche pagare le spese legali.
A L’Aquila, nella drammatica notte del 6 aprile 2009 persero la vita 24 persone in un edificio di via Campo di Fossa. Ad ottobre 2022 una sentenza del Tribunale stabilì che ci fu un concorso di colpa delle vittime, alle quali venne attribuita una “condotta incauta” per non aver lasciato l’abitazione dopo le prime due scosse.
Oggi un altro, pesantissimo shock: per quanto riguarda il crollo dell’edificio in via Gabriele D’Annunzio 14, dove ci furono 13 vittime, non solo i parenti non hanno diritto a nulla, ma dovranno anche pagare le spese legali, che ammonterebbero a quasi 14 mila euro.
Ora, di fatto, i giudici hanno ribaltato una sentenza di primo grado, scagionando completamente la Presidenza del Consiglio dei ministri da ogni responsabilità: le vittime avrebbero tenuto una “condotta incauta”, decidendo di rimanere nelle loro case nonostante le scosse di terremoto.
In altre parole non sarebbe provata l’influenza delle rassicurazioni fornite dalla Commissione Grandi Rischi, riunita all’Aquila pochi giorni prima del sisma.
Sui social le persone commentano ferite.
È l’ennesima presa in giro nei confronti di chi ha perso la vita quella notte e dei loro familiari
scrive un utente
La battaglia legale passa ora alla Cassazione.
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Fonte: Agi
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