Il Governo ha deciso di fare un passo indietro sulla Tampon Tax: l'IVA sui prodotti per l'igiene intima femminile tornerà nuovamente al 10%. L'Italia stenta ancora a capire, come hanno già fatto altri Paesi in Europa e nel mondo, che è tempo di eliminare questa tassa ingiusta che penalizza le donne
Assorbenti e pannolini per bambini non sono certo beni di lusso ma prodotti di prima necessità eppure la tassazione di questi articoli è, in Italia, ancora troppo alta e di conseguenza un argomento di accese discussioni e polemiche.
Dei sia pur piccoli passi avanti erano stati fatti, prima abbassando l’Iva dal 22% al 10% e, lo scorso anno, riducendola ulteriormente al 5% (ma solo per un anno). Ora il Governo sta rimettendo mano alla questione e le notizie che arrivano non sono affatto positive.
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Nella bozza della manovra economica, il Governo ha infatti deciso di fare un passo indietro sulla cosiddetta “tampon tax”, la tassa sugli assorbenti femminili e le coppette mestruali (così come sulla tassazione di latte in polvere e preparati per l’alimentazione dei bambini). In pratica, non solo non è stata cancellata come in molti speravamo, ma sta per tornare dal 5% al 10% come un anno fa.
Una decisione che è un vero e proprio affronto per le donne e le famiglie italiane, che già devono affrontare i rincari di tantissimi prodotti e soprattutto considerando quanto hanno già fatto altri Paesi in Europa (e nel Mondo).
Nel Regno Unito, ad esempio, la “tampon tax” è stata eliminata, mentre la Scozia ha addirittura reso gratuiti gli assorbenti nelle scuole e negli edifici pubblici. Anche in Nuova Zelanda, sono state promulgate leggi contro la “period poverty”.
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E in Italia?
Come spesso accade, da noi si fa sempre tutto più difficile e il buon senso a volte sembra non esistere. Il Governo di fatto ignora completamente le tendenze a livello globale in materia di tassazione sui prodotti per l’igiene intima femminile e invece di seguire l’esempio di altri Paesi virtuosi ,che stanno cercando di ridurre o eliminare questa tassa ingiusta, l’Italia pensa di ritornare indietro sull’unico piccolo passo avanti fatto nell’ultimo anno.
Giorgia Meloni in conferenza stampa ha dichiarato:
[…] non confermiamo il taglio dell’IVA sui prodotti per la prima infanzia perché purtroppo è stato nella stragrande maggioranza dei casi assorbito da aumenti di prezzo e quindi non penso che valga la pena di rinnovare questa misura.
Della tampon tax si discute da tempo nel nostro Paese in una sorta di andirivieni di prese di posizione di cui l’ultima è appunto il passo indietro annunciato nella bozza di Legge di Bilancio 2024. Leggi anche: Legge di Bilancio 2024, stop al taglio dell’IVA sui prodotti per l’infanzia, si torna al 10%
La decisione di riaumentare l’IVA sui prodotti per l’igiene intima femminile non è solo ingiusta ma rischia di mettere seriamente in difficoltà tante donne nel nostro Paese. Perché la “period poverty” (povertà mestruale, ovvero l’impossibilità di acquistare assorbenti per motivi economici) riguarda anche l’Italia ed è dura da digerire.
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Facendo i “conti della serva”, in Italia sono ben 21 milioni le donne in età fertile che ogni mese hanno bisogno di assorbenti e tamponi e se ogni confezione costa circa 4-5 euro, considerando che il più delle volte una al mese non basta, alla fine dell’anno la spesa è solitamente compresa tra i 130 e i 150 euro. Cosa accadrà al raddoppio dell’Iva? Ovviamente il prezzo finale aumenterà ulteriormente.
Anche l’IVA delle coppette mestruali tornerà dal 5% al 10% ma scegliere questa alternativa agli assorbenti rimane comunque l’opzione migliore, sia per un risparmio economico che a livello ambientale.
L’Italia deve capire una volta per tutte che gli assorbenti femminili (ma anche i prodotti per l’infanzia) non sono un lusso e, ora più che mai, non dovrebbero essere proprio tassati!
Invece, ancora una volta vengono, tassati beni “essenziali” e necessari.
Persino l’Ue, già nel 2021, aveva chiesto ai vari Paesi di eliminare la “tampon tax” ma l’Italia sembra fare ancora orecchie da mercante, a scapito delle donne e delle famiglie.
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Fonte: Presidenza del Consiglio dei Ministri
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