1 studente su 3 arriva in terza media senza conoscere bene l’italiano

I ragazzini di terza media si affacciano al mondo delle scuole superiori con gravi insufficieze in matematica e italiano.

Una cultura alla deriva e una preparazione scolastica ridotta ai minimi storici: la fotografia dell’Italia dei giorni nostri e dei ragazzi che frequentano la scuola dell’obbligo ci consegna numeri angoscianti, con uno studente su tre che praticamente non sa scrivere in italiano.

È questo, nello specifico, la situazione che si presenta in Emilia Romagna, grazie alla rilevazione nazionale sugli apprendimenti condotta dal Servizio Statistico dell’Invalsi.

Già un rapporto Istat aveva evidenziato che – in Italia – il 34,4% di coloro che frequentano l’ultimo anno delle scuole medie e che stanno per iscriversi alle superiori non raggiunge la sufficienza nelle competenze alfabetiche, riportando gravi difficoltà nella comprensione dei testi, mentre il 40,1% ha seri problemi con la matematica.

È così che quasi si sposta l’attenzione su quei dati dell’Emilia Romagna che evidenziano, in terza media, una quota di studenti che non raggiungono un livello sufficiente di competenza alfabetica pari al 28,4% (33,2% per i maschi e 22,9% per le femmine).

Relativamente alla competenza numerica la quota di studenti in regione che non raggiungono la sufficienza è lievemente più alta ( 29% in totale, articolata in 29,3% per i maschi e 28,6% per le femmine), mentre quanto all’ascolto e alla lettura della lingua inglese, qui la quota degli studenti insufficienti è del 26,7% per l’ascolto ( 43,7% in Italia) e del 17,3% per la lettura (26,1% in Italia).

La parola chiave è dunque “insufficiente”: i nostri ragazzi sono insufficienti a scuola, quel luogo dove si dovrebbero piuttosto formare gli adulti del futuro; sono “insufficienti” con i libri, preferendo di gran lunga la compagnia di uno smartphone; e sono insufficienti a scrivere ed esprimere impeccabilmente un pensiero.

Comprendere, valutare, usare le parole esatte e scriverle in maniera corretta, coinvolgerli nei nostri discorsi: non che noi adulti siamo il massimo in fatto di “espressione culturale” (che ci fregiamo piuttosto del titolo di “analfabeti funzionali”), ma a cercare di cambiare rotta e a posare i cellulari siamo ancora in tempo.

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